Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato

Sarà che di questa storia ho letto il libro, sarà che Martin Freeman mi piace, sarà per l’accuratezza generale del film, ma a caldo, il primo episodio de Lo Hobbit credo mi sia piaciuto più de Il Signore degli Anelli.
Un gruppo di nani vuole riprendersi Erebor, antica città scavata in una montagna che da molto tempo è occupata dal ferocissimo e potentissimo drago Smaug. Gandalf il Grigio, lo stregone, è propenso ad aiutare i nani nella loro impresa arruolando anche Bilbo Baggins, un hobbit della Contea, creatura non particolarmente audace e avventuriera. In seguito ad una iniziale indecisione, Bilbo decide di partire coi nani per aiutarli a riconquistare la loro città.
Con questo primo episodio di una nuova trilogia, che dovrebbe vedere la sua fine nel 2014, Peter Jackson ci riporta nel mondo di John R.R. Tolkien. Dopo quel colosso del cinema che è stato Il Signore degli Anelli, questa volta tocca allo zio di Frodo. La trama, cronologicamente, si colloca sessant’anni prima quella dell’altra trilogia – il protagonista infatti è ancora giovane (ha più di cinquant’anni, ma gli hobbit ne dimostrano sempre meno) – ma ne condivide alcuni personaggi e ne preannuncia alcuni eventi.
Inizialmente la regia doveva essere di Guillermo del Toro che, in seguito ad una serie di problematiche, ha abbandonato il progetto che è tornato nelle mani di Jackson. Del Toro è tuttavia rimasto un collaboratore alla realizzazione del film. Seppur Del Toro avrebbe dato un tono sicuramente molto particolare all’opera, nessuno era più adatto di Jackson per dirigere questo film.
Discussissima la suddivisione in tre capitoli cinematografici per un romanzo relativamente breve: sembra che con questo lavoro regista, sceneggiatori e produttori si siano voluti un po’ redimere dai grossi tagli fatti nella trilogia precedente per sviluppare questa in modo molto più dettagliato e fedele. Le differenze col libro di Tolkien sono pressoché minime, tranne l’inserimento di una sotto-trama intrecciata alla principale la cui esigenza è dettata forse da una continuità più forte con Il Signore degli Anelli. Questa continuità tuttavia è resa già discretamente dalla scena in cui Bilbo trova l’Anello ed interagisce con Gollum (la creatura che più di tutte suscita in chi scrive una grossa compassione).
I personaggi sono ben caratterizzati e anche alcuni di quelli minori, con pochissime battute, riescono a farsi inquadrare. A Bilbo è stato dato un carattere più ardito e determinato rispetto all’originale, a detta dello stesso regista, questo è dovuto al fatto di voler rendere il personaggio un po’ più “cinematografico”. Tuttavia Martin Freeman è così bravo e naturale nella recitazione che emana un’aura decisamente pacata. Tra gli altri attori è obbligatorio nominare Ian McKellen (Gandalf) e Richard Armitage (Thorin Scudodiquercia).
Inoltre meritano un riconoscimento speciale le scenografie e le location, curate nel dettaglio e oltremodo suggestive.
Personalmente leggendo il libro mi sono fatto un’idea dell’atmosfera generale della storia un po’ più povera, più umile, molto meno epica di quello che Jackson ci mostra; lo stesso messaggio principale del film è un elogio alla semplicità e alle piccole cose.
Anche se si poteva rendere tutto un po’ più fluido riducendo la durata di alcune interminabili scene d’azione, Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato è un film ben fatto, mai noioso e capace di rapire lo spettatore e portarlo nel mondo di Tolkien.

VOTO: 8/10

Il Buono

Scheda Tecnica
Titolo:
Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato
Titolo Originale:
The Hobbit – An Unexpected Journey
Regia:
Peter Jackson
Soggetto:
J. R. R. Tolkien (romanzo)
Sceneggiatura:
Peter Jackson, Fran Walsh, Guillermo del Toro, Philippa Boyens
Anno:
2012
Genere:
Fantasy, avventura
Interpreti Principali:
Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Ken Stott, Graham McTravish, Hugo Weaving, Cate Blanchett
Durata:
169 min
Nazionalità:
USA, Nuova Zelanda
Colore:
Colore

Box Office 3D - Il Film dei Film

Box Office 3D - Il film dei film (sigh…) non ha una trama unica, ma si tratta di un film ad episodi, alcuni più brevi, altri più lunghi, ognuno dei quali è una parodia di una o più famose pellicole. Si parte da Il Codice Teomondo Scrofalo, parodia de Il Codice Da Vinci, e si arriva a Erry Sfotter e l'età della pensione, che prende in giro la saga di Harry Potter, passando per Twinight (Twilight, ovviamente) e Viagratar (Avatar). Dopo più di dieci anni da Svitati, sua ultima prova da regista, Ezio Greggio torna con il botto sulla scena cinematografica, presentandoci un film dal budget esagerato che vuole essere la summa comica di anni e anni di film. Presentato anche come apertura della Mostra del Cinema di Venezia, Box Office 3D non raggiunge minimamente il suo obiettivo, dato che non fa assolutamente ridere. Greggio confeziona una serie di parodie una più banale dell'altra, scegliendo film scontati e su cui si è già scherzato in ogni modo possibile (una parodia di Zorro e una de Il Gladiatore nel 2011? Ma sul serio?) e come se non bastasse, le infarcisce di battute che lasciano una tristezza esasperante allo spettatore ("Al mio segnale scatenate l'inferno. O almeno fate casino"). Qualche idea almeno simpatica c'è qua e là, ma spesso è sviluppata male o schiacciata da altre trovate veramente deprimenti: si cerca ad esempio di fare satira su alcuni modi di fare che caratterizzano l'italiano medio, ma ricadendo negli stessi comportamenti che si cerca di parodiare. Greggio cerca anche di fare il regista colto, citando l'amico Mel Brooks in più di un punto, inserendo qua e là dei richiami ai suoi altri film e addirittura usando il linguaggio meta-cinematografico, arrivando ad un finale che lascia esterrefatti per la sua mancanza di senso e l'autocelebrazione che si riserva il regista, che si mostra come personaggio centrale del genere della commedia e ci lascia con un messaggio semi-filosofico sull'arte cinematografica che è quasi da lapidazione. Non bisogna dimenticare anche il cast, che più pessimo non si può, preso di peso da un cinepanettone, e fautore di una recitazione terribile (Anna Falchi? Ma realmente non si poteva trovare niente di meglio?) Non c'è niente che funzioni in Box Office 3D (non sono proprio da buttare la fotografia e le scenografie, ma solo grazie al capitale che è stato speso), tanto che mi sento di consigliarlo solo a chi vuole farsi del male.

P.S.: Non do 0 solo per premiare l'impegno di Greggio, che ci prova seriamente a fare queste cose, ma [cit.] "non ce la fa, non ce la fa…".

VOTO: 1/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
Box Office 3D - Il film dei film
Regia:
Ezio Greggio
Soggetto:
Ezio Greggio, Fausto Brizzi, Marco Martani
Sceneggiatura:
Ezio Greggio, Fausto Brizzi, Marco Martani, Rudy De Luca, Steve Haberman
Anno:
2011
Genere:
Commedia, Parodia
Interpreti Principali:
Ezio Greggio, Riccardo Miniggio, Gigi Proietti, Enzo Salvi, Gianfranco Jannuzzo, Maurizio Mattioli
Durata:
99 min
Nazionalità:
Italia
Colore:
Colore

Anchorman - La Leggenda di Ron Burgundy

San Diego, anni '70. Ron Burgundy è un famoso e apprezzato anchorman che conduce il notiziario di Channel Four e dirige un gruppo di affiatati reporter. Affascinato da Veronica Corningstone, una nuova arrivata intenzionata a diventare giornalista nonostante le discriminazioni che subisce in quanto donna, Ron si ritroverà in situazioni a cui non è abituato e causerà parecchi problemi in redazione. Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy è un film dominato dallo stile del cosiddetto Frat Pack, un gruppo di comici americani di cui fanno parte Ben Stiller, Jack Black, Will Ferrell e vari altri. Quasi tutti infatti hanno una parte nella pellicola, sia come personaggi principali che come cammei e ognuno dà il suo apporto per creare un'opera demenziale e assurda. La comicità di questo film non è certo sottile o particolarmente ricercata, tutto il contrario, ma le risate sono assicurate: ci sono momenti che si possono rivedere centinaia di volte e faranno sempre ridere, su tutte ad esempio lo scontro tra gruppi di reporter, che prende in giro le rivalità tra emittenti televisive in un modo a dir poco esplosivo. Will Ferrel è perfetto come protagonista, grazie alla sua faccia da perfetto idiota, ma anche Steve Carrell non scherza, e ogni sua scena è da lacrime agli occhi per le risate. Spesso la storia lascia lo spazio alle pure e semplici gag, perdendo un po' il filo della trama e velocizzando le cose alla fine per recuperare, ma poco importa, Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy è una commedia frenetica, politicamente scorretta e sinceramente divertente, che merita sicuramente più di una visione.
VOTO: 7/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy
Titolo Originale:
Anchorman: The legend of Ron Burgundy
Regia:
Adam McKay
Sceneggiatura:
Adam McKay, Will Ferrell
Anno:
2004
Genere:
Commedia
Interpreti Principali:
Will Ferrell, Christina Applegate, Paul Rudd, Steve Carrell
Durata:
94 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore

Estate 1965, un’isola del New England. Sam e Suzy sono due adolescenti innamorati che non stanno bene nel posto in cui si trovano. Il primo scappa da un campo scout, la seconda dalla sua casa. I due mettono in atto una fuga scatenando il panico sull’isola.
Ormai è chiaro che il tema centrale dei film di Wes Anderson sono le famiglie – più o meno allargate – la cui caratteristica principale è una profonda disunione. In Moonrise Kingdom questo è accentuato da un introduzione che ci fa sentire la scomposizione in singole famiglie di strumenti di un brano di musica classica.
Dopo Fantastic Mr. Fox (del quale, in quest’ultima pellicola credo di aver scorto un auto citazione), Anderson torna agli attori in carne ed ossa e ci porta in un micro universo scollegato dal resto del mondo, dove tutto sembra autonomo, ma incredibilmente fragile (come non citare I Tenenbaum?) e dove i piccoli sembrano essere più maturi dei grandi, che invece sono ormai rassegnati e stanchi. Soltanto la volontà dei due innamorati è davvero forte e ostinata, tanto da non aver paura di affrontare inseguimenti, lotte e tempeste devastanti.
La sceneggiatura, scritta a quattro mani con Roman Coppola, si sviluppa su più livelli: i due ragazzini non la fanno da padrone nella narrazione, piuttosto sono il perno intorno al quale ruotano tutti gli eventi, le storie e i personaggi.
Ad Anderson piace il giallo (nel senso del colore), e questo si era capito, però in Moorise Kingdom ho trovato che la tipica poetica del regista (al suo culmine, probabilmente, ne Il treno per il Darjeeling) sia venuta un po’ meno, per dare più spazio ad altro. Del resto il cambiamento è quanto di più auspicabile ci sia nell’arte. Non si è risparmiato però nelle solite carrellate e nell’immancabile scena a ralenti.
Molti volti noti nel cast, ma, eccetto per Bill Murray e Jason Schwartzman, ormai due habitué, tutti nuovi per il regista texano: Edward Norton, Bruce Willis, Frances McDormand e, per pochissimo, Tilda Swinton e Harvey Keitel. I due giovani sono interpretati da Jared Gilman e Kara Hayward, alla loro prima esperienza cinematografica.
Per una serie di motivi troppo numerosi per essere elencati, non l’ho trovato l’Anderson migliore, ma quest’ultima fatica non manca comunque dei tratti caratteristici di un regista che ha saputo fare del mestiere un’arte dotata di una sua estetica impattante eppure delicata; un regista che racconta sempre la stessa storia, ma ogni volta in modo sorprendentemente diverso.

VOTO: 7,5/10

Il Buono
Scheda Tecnica
Titolo:
Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore
Titolo Originale:
Moonrise Kingdom
Regia:
Wes Anderson
Sceneggiatura:
Wes Anderson, Roman Coppola
Anno:
2012
Genere:
Commedia, drammatico
Interpreti Principali:
Jared Gilman, Kara Hayward, Bill Murray, Edward Norton, Bruce Willis, Frances McDormand
Durata:
94 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

La Fattoria degli Animali

Gli animali della fattoria del signor Jones, stanchi di essere sfruttati, decidono di ribellarsi seguendo gli insegnamenti del Vecchio Maggiore, un anziano maiale che professa l'uguaglianza di tutte le bestie e la presa di potere contro gli esseri umani. Ottenuto il controllo della fattoria, gli animali iniziano a gestirla da soli fino a quando i maiali, più intelligenti, emergono come nuova classe dirigente e lentamente diventano i nuovi padroni. Tratto dal romanzo omonimo di George Orwell, La Fattoria degli Animali è un film d'animazione uscito nel 1954 ed è finora l'unico tentativo di portare sullo schermo la fiaba con profondi significati politici che ha reso famoso questo scrittore. La scelta di trasformarla in un cartone animato è la più logica probabilmente, dato che i personaggi sono quasi tutti animali parlanti, ma il tipo di animazione molto "disneyano" per cui si è optato dà poco carattere ai protagonisti e alla pellicola in generale. Le atmosfere cupe invece sono rese abbastanza bene, ed alcuni momenti veramente angoscianti saranno difficili da dimenticare. La storia è condensata in poco più di un'ora, perciò molti eventi del libro sono stati accorciati o addirittura tagliati del tutto, ma questo non pesa molto sul messaggio, che riesce a spiccare ugualmente. L'elemento che stona (solo per chi ha letto il libro ovviamente, gli altri potrebbero trovarlo normale) è il finale, che è diverso dall'originale. Come si è scoperto qualche anno fa, la CIA ha finanziato la produzione dell'opera in modo che fosse scritta per essere usata come propaganda politica anti comunista: mentre nel finale originale i nuovi tiranni emersi dalla rivoluzione (maiali/comunisti) sono mostrati mentre si accordano e fraternizzano con i vecchi tiranni (umani/capitalisti) diventando come loro, nel lungometraggio vediamo solo i maiali che festeggiano la vittoria sulle classi inferiori trasformandosi in tiranni, ma che vengono attaccati da tutti gli altri animali che si ribellano al loro potere. Questo finale, oltre ad essere eccessivamente buonista, mal si sposa con l'atmosfera malinconica e pessimistica che Orwell ha voluto dare alla sua fiaba. La Fattoria degli Animali di per sé non è un brutto film, si lascia guardare e riesce anche a far riflettere, ma qualche elemento fuori posto fa sicuramente storcere il naso a chi conosce George Orwell e i suoi lavori.
VOTO: 6/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
La fattoria degli animali
Titolo Originale:
Animal farm
Regia:
John Halas, Joy Batchelor
Soggetto:
George Orwell (Romanzo)
Sceneggiatura:
Philip Stapp
Anno:
1954
Genere:
Animazione, drammatico, satira
Doppiatori italiani:
Fabrizio Pucci, Franca Lumachi, Chiara Salerno, Mario Bardella
Durata:
80 min
Nazionalità:
Regno Unito
Colore:
Colore