Django Unchained

Texas, 1858. King Schultz è un cacciatore di taglie tedesco sulle tracce di tre fuorilegge, ma per poterli riconoscere ha bisogno di Django, uno schiavo di colore che li ha conosciuti di persona. Con la promessa di liberare Django e di aiutarlo a trovare sua moglie che è stata venduta ad un negriero, Schultz stipula un'alleanza con l'ex schiavo, proponendogli di fare coppia con lui nella caccia ai criminali. Con Django Unchained finalmente Quentin Tarantino si dedica ad un genere che ha sempre dichiarato di amare e che ha citato in ogni modo possibile in tutti i suoi film: il western, in particolare i western all'italiana. Ovviamente il regista del Tennessee ha una visione tutta particolare dei generi cinematografici, e quello che ci ritroviamo in sala e tutt'altro che uno spaghetti western fuori tempo massimo. Ambientata nel periodo della schiavitù, la pellicola si maschera da western per parlare di razzismo e discriminazioni, e l'opinione di Tarantino è abbastanza chiara, dato che i razzisti e i negrieri non ci fanno una gran figura (basta vedere la scena con gli incappucciati, divertentissima oltre che stracolma di citazioni), con buona pace di Spike Lee che ha sollevato parecchie polemiche sull'uso della parola "negro" e sul tema della schiavitù. Tarantino come al solito si diverte a snocciolare omaggi uno dietro l'altro, focalizzandosi per questa volta sui western, ma non dimenticando gli altri generi che tanto lo ispirano, e alcune di queste citazioni sono lampanti (Django di Corbucci, Mandingo di Fleischer, il suo stesso Bastardi senza gloria), altre meno evidenti o inaspettate, ma più divertenti da trovare (Via col vento, Mezzogiorno e mezzo di fuoco, Lo chiamavano Trinità... e addirittura Arancia meccanica!), ma tutte perfettamente inserite nel contesto e mai fastidiose, anzi risultano uno dei motivi del successo del film. Non sono da meno anche le musiche scelte per la colonna sonora, che mischiano soul, hip-hop e brani ripresi da vecchi film western, in un calderone che sorprendentemente funziona alla grande nonostante la sua eterogeneità, ma anche a questo siamo abituati, conoscendo il regista. Quello che si differenzia dai precedenti film di Quentin è la linearità della trama, che per la prima volta non vede sbalzi temporali o decine di personaggi che si intrecciano. Se nella prima parte, più ritmata e divertente, questa scelta funziona, è dopo la metà che si iniziano a sentire le quasi tre ore di pellicola, dato che come in Bastardi senza gloria tutto si focalizza sui dialoghi e sulla verve dei personaggi, che però questa volta non bastano a tenere alta la tensione per tutto il tempo. Non che i personaggi siano noiosi, anzi, e sono tutti interpretati alla grande (in particolare dal trio Waltz, Jackson e DiCaprio che dimostra per l'ennesima volta come Tarantino sappia scegliere gli attori giusti), ma accorciare alcuni dialoghi e lasciare più spazio allo sviluppo finale avrebbe giovato al film. Sono minori anche le sperimentazioni e le invenzioni visive, che ormai il regista sembra essersi lasciato alle spalle, in favore di una direzione stilistica meno estrema, ma sempre molto personale, perfettamente in linea con il film precedente. Se non vi piace Tarantino non sarà quindi Django Unchained a farvi cambiare idea, ma se sapete cosa aspettarvi non rimarrete delusi.
Aspetto comunque una seconda visione (in lingua originale magari, per cogliere anche il lavoro sugli accenti e le lingue) che magari mi farà apprezzare ancora più il film.
VOTO: 8/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
Django unchained
Regia:
Quentin Tarantino
Soggetto:
Quentin Tarantino
Sceneggiatura:
Quentin Tarantino
Anno:
2012
Genere:
Azione, western, drammatico
Interpreti Principali:
Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington
Durata:
165 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Comunicazione di servizio

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Cloud Atlas

Sei storie si intrecciano in parallelo, ma solo nella narrazione, perché sono tutte ambientate in epoche e luoghi diversi, dal XIX secolo al 2300, passando per gli anni ’30, gli anni ’70, i giorni nostri ed un futuro più prossimo. Ogni protagonista di un’epoca viene a conoscenza di ciò che è successo a quello precedente attraverso un libro, un racconto, delle lettere, e ne resta influenzato, influenzando a sua volta il protagonista successivo.
Adattamento di un romanzo di David Mitchell, Cloud Atlas vede alla regia Tom Tykwer, affiancato successivamente dai fratelli Wachowski.
Il film tuttavia non è stato girato “a sei mani”, dal momento che Tykwer ne ha girato una parte e i Wachowski un’altra (con due troupe distinte), per poi assemblare il tutto in fase di montaggio. Questa differenza di regia talvolta può saltare all’occhio; è anche vero però che con l’intreccio serrato tra le varie storie – spesso alternate con frammenti di qualche secondo – si fa fatica a notare la differenza.
Ogni storia affronta un tema, ogni storia ha un suo protagonista che si batte per una causa: schiavitù, discriminazione, potere e altre colossali piaghe della società contro cui i personaggi del film iniziano una lotta che, nonostante venga dichiarata come persa in partenza dai vari antagonisti, vale la pena di essere combattuta.
Il coraggio delle imprese si tramanda di storia in storia, di vicenda in vicenda, ed ognuno farà la sua piccola rivoluzione. È proprio questo il tema centrale del film: una sorta di reincarnazione delle azioni, buone o cattive che esse siano.
Non a caso gli attori che interpretano i vari personaggi sono sempre gli stessi: alcuni destinati a rimanere buoni o cattivi per tutta la pellicola, altri che invece trovano il modo di redimersi.
Nel ruolo di uno dei cattivi non poteva che mancare Hugo Weaving, in parti che spesso ricordano l’agente Smith di Matrix o il V dell’altra celebre opera sceneggiata dai Wachowski. Tra gli interpreti principali: Halle Berry, Tom Hanks, Doona Bae, Jim Broadent e Jim Sturgess.
Drammatico, romantico, noir anni '70, comico, fantascientifico e post-apocalittico: questi sono i generi del film, che nonostante questo frullato non risulta affatto incoerente o caotico, ma riesce a mischiare bene ogni parte della storia, dal passato al futuro, facendo scorrere lisce quasi tre ore di visione.
L’intreccio è complesso ma lineare, la trama all’inizio sembra non avere un senso, ma col passare dei minuti i tasselli vanno al loro posto e tutto si chiarifica. Non è neanche problematico seguire sei storie contemporaneamente.
Nonostante le premesse, la pellicola risulta molto umile, se vogliamo. A differenza di quello che ci si poteva aspettare vedendo il trailer, non trasuda pomposità; qualche esagerazione c’è, ma nei punti giusti e mai così esasperata. Questo è facilmente spiegabile dal fatto che la produzione non è d’oltreoceano, ma tedesca (attualmente questo è il film più costoso che la Germania abbia mai prodotto). Il taglio europeo c’è e si vede, gli effetti speciali non la fanno da padrone, ma lasciano spazio a personaggi, sceneggiatura e trama.
La morale del film è la cosa che lega tutto in modo forte e si può riassumere nel concetto secondo il quale dalle nostre azioni dipende il nostro destino e quello degli altri, in qualsiasi epoca essi vivranno.

VOTO: 8/10

Il Buono
Scheda Tecnica
Titolo:
Cloud Atlas
Regia:
Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski
Soggetto:
David Mitchell (romanzo)
Sceneggiatura:
Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski
Anno:
2012
Genere:
Drammatico, Fantascienza, Thriller
Interpreti Principali:
Halle Berry, Tom Hanks, Doona Bae, Jim Broadent, Jim Sturgess, Hogo Weaving
Durata:
172 min
Nazionalità:
Germania, USA, Hong Kong, Singapore
Colore:
Colore