Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato

Sarà che di questa storia ho letto il libro, sarà che Martin Freeman mi piace, sarà per l’accuratezza generale del film, ma a caldo, il primo episodio de Lo Hobbit credo mi sia piaciuto più de Il Signore degli Anelli.
Un gruppo di nani vuole riprendersi Erebor, antica città scavata in una montagna che da molto tempo è occupata dal ferocissimo e potentissimo drago Smaug. Gandalf il Grigio, lo stregone, è propenso ad aiutare i nani nella loro impresa arruolando anche Bilbo Baggins, un hobbit della Contea, creatura non particolarmente audace e avventuriera. In seguito ad una iniziale indecisione, Bilbo decide di partire coi nani per aiutarli a riconquistare la loro città.
Con questo primo episodio di una nuova trilogia, che dovrebbe vedere la sua fine nel 2014, Peter Jackson ci riporta nel mondo di John R.R. Tolkien. Dopo quel colosso del cinema che è stato Il Signore degli Anelli, questa volta tocca allo zio di Frodo. La trama, cronologicamente, si colloca sessant’anni prima quella dell’altra trilogia – il protagonista infatti è ancora giovane (ha più di cinquant’anni, ma gli hobbit ne dimostrano sempre meno) – ma ne condivide alcuni personaggi e ne preannuncia alcuni eventi.
Inizialmente la regia doveva essere di Guillermo del Toro che, in seguito ad una serie di problematiche, ha abbandonato il progetto che è tornato nelle mani di Jackson. Del Toro è tuttavia rimasto un collaboratore alla realizzazione del film. Seppur Del Toro avrebbe dato un tono sicuramente molto particolare all’opera, nessuno era più adatto di Jackson per dirigere questo film.
Discussissima la suddivisione in tre capitoli cinematografici per un romanzo relativamente breve: sembra che con questo lavoro regista, sceneggiatori e produttori si siano voluti un po’ redimere dai grossi tagli fatti nella trilogia precedente per sviluppare questa in modo molto più dettagliato e fedele. Le differenze col libro di Tolkien sono pressoché minime, tranne l’inserimento di una sotto-trama intrecciata alla principale la cui esigenza è dettata forse da una continuità più forte con Il Signore degli Anelli. Questa continuità tuttavia è resa già discretamente dalla scena in cui Bilbo trova l’Anello ed interagisce con Gollum (la creatura che più di tutte suscita in chi scrive una grossa compassione).
I personaggi sono ben caratterizzati e anche alcuni di quelli minori, con pochissime battute, riescono a farsi inquadrare. A Bilbo è stato dato un carattere più ardito e determinato rispetto all’originale, a detta dello stesso regista, questo è dovuto al fatto di voler rendere il personaggio un po’ più “cinematografico”. Tuttavia Martin Freeman è così bravo e naturale nella recitazione che emana un’aura decisamente pacata. Tra gli altri attori è obbligatorio nominare Ian McKellen (Gandalf) e Richard Armitage (Thorin Scudodiquercia).
Inoltre meritano un riconoscimento speciale le scenografie e le location, curate nel dettaglio e oltremodo suggestive.
Personalmente leggendo il libro mi sono fatto un’idea dell’atmosfera generale della storia un po’ più povera, più umile, molto meno epica di quello che Jackson ci mostra; lo stesso messaggio principale del film è un elogio alla semplicità e alle piccole cose.
Anche se si poteva rendere tutto un po’ più fluido riducendo la durata di alcune interminabili scene d’azione, Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato è un film ben fatto, mai noioso e capace di rapire lo spettatore e portarlo nel mondo di Tolkien.

VOTO: 8/10

Il Buono

Scheda Tecnica
Titolo:
Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato
Titolo Originale:
The Hobbit – An Unexpected Journey
Regia:
Peter Jackson
Soggetto:
J. R. R. Tolkien (romanzo)
Sceneggiatura:
Peter Jackson, Fran Walsh, Guillermo del Toro, Philippa Boyens
Anno:
2012
Genere:
Fantasy, avventura
Interpreti Principali:
Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Ken Stott, Graham McTravish, Hugo Weaving, Cate Blanchett
Durata:
169 min
Nazionalità:
USA, Nuova Zelanda
Colore:
Colore

Box Office 3D - Il Film dei Film

Box Office 3D - Il film dei film (sigh…) non ha una trama unica, ma si tratta di un film ad episodi, alcuni più brevi, altri più lunghi, ognuno dei quali è una parodia di una o più famose pellicole. Si parte da Il Codice Teomondo Scrofalo, parodia de Il Codice Da Vinci, e si arriva a Erry Sfotter e l'età della pensione, che prende in giro la saga di Harry Potter, passando per Twinight (Twilight, ovviamente) e Viagratar (Avatar). Dopo più di dieci anni da Svitati, sua ultima prova da regista, Ezio Greggio torna con il botto sulla scena cinematografica, presentandoci un film dal budget esagerato che vuole essere la summa comica di anni e anni di film. Presentato anche come apertura della Mostra del Cinema di Venezia, Box Office 3D non raggiunge minimamente il suo obiettivo, dato che non fa assolutamente ridere. Greggio confeziona una serie di parodie una più banale dell'altra, scegliendo film scontati e su cui si è già scherzato in ogni modo possibile (una parodia di Zorro e una de Il Gladiatore nel 2011? Ma sul serio?) e come se non bastasse, le infarcisce di battute che lasciano una tristezza esasperante allo spettatore ("Al mio segnale scatenate l'inferno. O almeno fate casino"). Qualche idea almeno simpatica c'è qua e là, ma spesso è sviluppata male o schiacciata da altre trovate veramente deprimenti: si cerca ad esempio di fare satira su alcuni modi di fare che caratterizzano l'italiano medio, ma ricadendo negli stessi comportamenti che si cerca di parodiare. Greggio cerca anche di fare il regista colto, citando l'amico Mel Brooks in più di un punto, inserendo qua e là dei richiami ai suoi altri film e addirittura usando il linguaggio meta-cinematografico, arrivando ad un finale che lascia esterrefatti per la sua mancanza di senso e l'autocelebrazione che si riserva il regista, che si mostra come personaggio centrale del genere della commedia e ci lascia con un messaggio semi-filosofico sull'arte cinematografica che è quasi da lapidazione. Non bisogna dimenticare anche il cast, che più pessimo non si può, preso di peso da un cinepanettone, e fautore di una recitazione terribile (Anna Falchi? Ma realmente non si poteva trovare niente di meglio?) Non c'è niente che funzioni in Box Office 3D (non sono proprio da buttare la fotografia e le scenografie, ma solo grazie al capitale che è stato speso), tanto che mi sento di consigliarlo solo a chi vuole farsi del male.

P.S.: Non do 0 solo per premiare l'impegno di Greggio, che ci prova seriamente a fare queste cose, ma [cit.] "non ce la fa, non ce la fa…".

VOTO: 1/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
Box Office 3D - Il film dei film
Regia:
Ezio Greggio
Soggetto:
Ezio Greggio, Fausto Brizzi, Marco Martani
Sceneggiatura:
Ezio Greggio, Fausto Brizzi, Marco Martani, Rudy De Luca, Steve Haberman
Anno:
2011
Genere:
Commedia, Parodia
Interpreti Principali:
Ezio Greggio, Riccardo Miniggio, Gigi Proietti, Enzo Salvi, Gianfranco Jannuzzo, Maurizio Mattioli
Durata:
99 min
Nazionalità:
Italia
Colore:
Colore

Anchorman - La Leggenda di Ron Burgundy

San Diego, anni '70. Ron Burgundy è un famoso e apprezzato anchorman che conduce il notiziario di Channel Four e dirige un gruppo di affiatati reporter. Affascinato da Veronica Corningstone, una nuova arrivata intenzionata a diventare giornalista nonostante le discriminazioni che subisce in quanto donna, Ron si ritroverà in situazioni a cui non è abituato e causerà parecchi problemi in redazione. Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy è un film dominato dallo stile del cosiddetto Frat Pack, un gruppo di comici americani di cui fanno parte Ben Stiller, Jack Black, Will Ferrell e vari altri. Quasi tutti infatti hanno una parte nella pellicola, sia come personaggi principali che come cammei e ognuno dà il suo apporto per creare un'opera demenziale e assurda. La comicità di questo film non è certo sottile o particolarmente ricercata, tutto il contrario, ma le risate sono assicurate: ci sono momenti che si possono rivedere centinaia di volte e faranno sempre ridere, su tutte ad esempio lo scontro tra gruppi di reporter, che prende in giro le rivalità tra emittenti televisive in un modo a dir poco esplosivo. Will Ferrel è perfetto come protagonista, grazie alla sua faccia da perfetto idiota, ma anche Steve Carrell non scherza, e ogni sua scena è da lacrime agli occhi per le risate. Spesso la storia lascia lo spazio alle pure e semplici gag, perdendo un po' il filo della trama e velocizzando le cose alla fine per recuperare, ma poco importa, Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy è una commedia frenetica, politicamente scorretta e sinceramente divertente, che merita sicuramente più di una visione.
VOTO: 7/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy
Titolo Originale:
Anchorman: The legend of Ron Burgundy
Regia:
Adam McKay
Sceneggiatura:
Adam McKay, Will Ferrell
Anno:
2004
Genere:
Commedia
Interpreti Principali:
Will Ferrell, Christina Applegate, Paul Rudd, Steve Carrell
Durata:
94 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore

Estate 1965, un’isola del New England. Sam e Suzy sono due adolescenti innamorati che non stanno bene nel posto in cui si trovano. Il primo scappa da un campo scout, la seconda dalla sua casa. I due mettono in atto una fuga scatenando il panico sull’isola.
Ormai è chiaro che il tema centrale dei film di Wes Anderson sono le famiglie – più o meno allargate – la cui caratteristica principale è una profonda disunione. In Moonrise Kingdom questo è accentuato da un introduzione che ci fa sentire la scomposizione in singole famiglie di strumenti di un brano di musica classica.
Dopo Fantastic Mr. Fox (del quale, in quest’ultima pellicola credo di aver scorto un auto citazione), Anderson torna agli attori in carne ed ossa e ci porta in un micro universo scollegato dal resto del mondo, dove tutto sembra autonomo, ma incredibilmente fragile (come non citare I Tenenbaum?) e dove i piccoli sembrano essere più maturi dei grandi, che invece sono ormai rassegnati e stanchi. Soltanto la volontà dei due innamorati è davvero forte e ostinata, tanto da non aver paura di affrontare inseguimenti, lotte e tempeste devastanti.
La sceneggiatura, scritta a quattro mani con Roman Coppola, si sviluppa su più livelli: i due ragazzini non la fanno da padrone nella narrazione, piuttosto sono il perno intorno al quale ruotano tutti gli eventi, le storie e i personaggi.
Ad Anderson piace il giallo (nel senso del colore), e questo si era capito, però in Moorise Kingdom ho trovato che la tipica poetica del regista (al suo culmine, probabilmente, ne Il treno per il Darjeeling) sia venuta un po’ meno, per dare più spazio ad altro. Del resto il cambiamento è quanto di più auspicabile ci sia nell’arte. Non si è risparmiato però nelle solite carrellate e nell’immancabile scena a ralenti.
Molti volti noti nel cast, ma, eccetto per Bill Murray e Jason Schwartzman, ormai due habitué, tutti nuovi per il regista texano: Edward Norton, Bruce Willis, Frances McDormand e, per pochissimo, Tilda Swinton e Harvey Keitel. I due giovani sono interpretati da Jared Gilman e Kara Hayward, alla loro prima esperienza cinematografica.
Per una serie di motivi troppo numerosi per essere elencati, non l’ho trovato l’Anderson migliore, ma quest’ultima fatica non manca comunque dei tratti caratteristici di un regista che ha saputo fare del mestiere un’arte dotata di una sua estetica impattante eppure delicata; un regista che racconta sempre la stessa storia, ma ogni volta in modo sorprendentemente diverso.

VOTO: 7,5/10

Il Buono
Scheda Tecnica
Titolo:
Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore
Titolo Originale:
Moonrise Kingdom
Regia:
Wes Anderson
Sceneggiatura:
Wes Anderson, Roman Coppola
Anno:
2012
Genere:
Commedia, drammatico
Interpreti Principali:
Jared Gilman, Kara Hayward, Bill Murray, Edward Norton, Bruce Willis, Frances McDormand
Durata:
94 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

La Fattoria degli Animali

Gli animali della fattoria del signor Jones, stanchi di essere sfruttati, decidono di ribellarsi seguendo gli insegnamenti del Vecchio Maggiore, un anziano maiale che professa l'uguaglianza di tutte le bestie e la presa di potere contro gli esseri umani. Ottenuto il controllo della fattoria, gli animali iniziano a gestirla da soli fino a quando i maiali, più intelligenti, emergono come nuova classe dirigente e lentamente diventano i nuovi padroni. Tratto dal romanzo omonimo di George Orwell, La Fattoria degli Animali è un film d'animazione uscito nel 1954 ed è finora l'unico tentativo di portare sullo schermo la fiaba con profondi significati politici che ha reso famoso questo scrittore. La scelta di trasformarla in un cartone animato è la più logica probabilmente, dato che i personaggi sono quasi tutti animali parlanti, ma il tipo di animazione molto "disneyano" per cui si è optato dà poco carattere ai protagonisti e alla pellicola in generale. Le atmosfere cupe invece sono rese abbastanza bene, ed alcuni momenti veramente angoscianti saranno difficili da dimenticare. La storia è condensata in poco più di un'ora, perciò molti eventi del libro sono stati accorciati o addirittura tagliati del tutto, ma questo non pesa molto sul messaggio, che riesce a spiccare ugualmente. L'elemento che stona (solo per chi ha letto il libro ovviamente, gli altri potrebbero trovarlo normale) è il finale, che è diverso dall'originale. Come si è scoperto qualche anno fa, la CIA ha finanziato la produzione dell'opera in modo che fosse scritta per essere usata come propaganda politica anti comunista: mentre nel finale originale i nuovi tiranni emersi dalla rivoluzione (maiali/comunisti) sono mostrati mentre si accordano e fraternizzano con i vecchi tiranni (umani/capitalisti) diventando come loro, nel lungometraggio vediamo solo i maiali che festeggiano la vittoria sulle classi inferiori trasformandosi in tiranni, ma che vengono attaccati da tutti gli altri animali che si ribellano al loro potere. Questo finale, oltre ad essere eccessivamente buonista, mal si sposa con l'atmosfera malinconica e pessimistica che Orwell ha voluto dare alla sua fiaba. La Fattoria degli Animali di per sé non è un brutto film, si lascia guardare e riesce anche a far riflettere, ma qualche elemento fuori posto fa sicuramente storcere il naso a chi conosce George Orwell e i suoi lavori.
VOTO: 6/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
La fattoria degli animali
Titolo Originale:
Animal farm
Regia:
John Halas, Joy Batchelor
Soggetto:
George Orwell (Romanzo)
Sceneggiatura:
Philip Stapp
Anno:
1954
Genere:
Animazione, drammatico, satira
Doppiatori italiani:
Fabrizio Pucci, Franca Lumachi, Chiara Salerno, Mario Bardella
Durata:
80 min
Nazionalità:
Regno Unito
Colore:
Colore

L'Uomo Senza Sonno

Trevor Reznik è un giovane operaio che non riesce a dormire da un anno. Fisicamente deperito e psicologicamente instabile, inizia ad avere alcune strane allucinazioni e perdite di memoria. Come se non bastasse crede di essere il bersaglio di un complotto…
L’uomo senza sonno (unica eccezione italiana; in ogni altra lingua si è adottata la traduzione dell’originale The Machinist) è un thriller dalla fortissima carica psicologica, uno di quei film che non manca di tenere teso il filo dell’inquietudine dall’inizio alla fine. Pochi colpi di scena, ma ben piazzati. Flash back e visioni che piano piano scavano nel passato del protagonista.
Equilibrato e lucido il regista Brad Anderson che cura l’estetica del film in modo minuzioso. I toni cromatici del film sono a metà tra il freddo e lo spento: niente di meglio per rendere l’idea di una percezione nebulosa e piatta della realtà.
Nei ruolo di Reznik troviamo un magrissimo Christian Bale, che per la realizzazione del film, datato 2004, è arrivato a pesare 54 chili, dovendo poi riacquistare una discreta massa muscolare per interpretare Bruce Waine per le riprese di Batman Begins. Ancora una volta le doti attoriali di Bale non mancano di emergere… forse l’unica scelta sbagliata è stata quella di affidare a Tonino Accolla la sua voce italiana.
Un film che non ha molte pretese ma che, nel suo piccolo, è un prodotto molto ben confezionato: ottima compenetrazione di trama, psicologia e aspetto estetico.

VOTO: 7,5/10

Il Buono
Scheda Tecnica
Titolo:
L’uomo senza sonno
Titolo Originale:
The Machinist
Regia:
Brad Anderson
Sceneggiatura:
Scott Kosar
Anno:
2004
Genere:
Thriller, drammatico
Interpreti Principali:
Christian Bale, Jennifer Jason Leigh, Aitana Sánchez-Gijón, John Sharian
Durata:
101 min
Nazionalità:
Spagna
Colore:
Colore

Il Dittatore dello Stato Libero di Bananas

Fielding Mellish è un giovane collaudatore industriale di New York, nevrotico ed insicuro. Un giorno conosce Nancy, un'attivista che lo fa innamorare ma che presto lo abbandona, gesto che spinge il disperato Fielding ad andare nel Bananas, uno stato dell'America del Sud in cui un crudele dittatore sta fronteggiando un piccolo manipolo di ribelli che combattono per la democrazia. Il dittatore dello stato libero di Bananas è uno dei primi film di Woody Allen, e, fin dai primi minuti della pellicola, in cui un cronista sportivo commenta in diretta tv l'assassinio del presidente del Bananas, è chiaro il tono generale della storia. Allen si lascia andare senza freni, proponendoci un film con pochi contenuti (si, c'è un po' di satira sui rapporti degli Stati Uniti con dittatori vari, ma poca roba) ma molte risate, infilando una gag dietro l'altra e dialoghi surreali memorabili. Il tipo di commedia che si ottiene è molto simile a quelle dei fratelli Marx, anarchica e assurda, con addirittura lo stesso Allen che richiama spesso gli atteggiamenti e i movimenti di Groucho Marx. I momenti da ricordare sono parecchi, ma le parti migliori sono senza dubbio l'inizio e la fine, con una parodia di una tv che cerca spettacolo in ogni cosa e un processo-farsa che è un delirio assoluto di sequenze comiche a raffica. La parte centrale fa calare un po' il ritmo a causa di alcune gag che risultano un po' vecchiotte, ma non appesantisce troppo la visione, assicurando comunque parecchie risate. Il dittatore dello stato libero di Bananas è un film leggero e scanzonato, assurdo e divertente, adatto per conoscere un Woody Allen più giovane e meno "impegnato".
VOTO: 6,5/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
Il dittatore dello stato libero di Bananas
Titolo Originale:
Bananas
Regia:
Woody Allen
Soggetto:
Woody Allen, Mickey Rose
Sceneggiatura:
Woody Allen, Mickey Rose
Anno:
1971
Genere:
Commedia
Interpreti Principali:
Woody Allen, Louise Lasser, Jacobo Morales
Durata:
82 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Essi Vivono

John Nada è un giovane disoccupato che si sposta a Los Angeles in cerca di lavoro. In seguito ad una serie di eventi, viene in possesso di un paio di particolari occhiali da sole che gli mostrano il mondo per quello che in realtà è: fra la popolazione ci sono alcuni alieni che hanno assunto sembianze umane – ma le cui vere fattezze (visibili solo attraverso gli occhiali) sembrano quelle di cadaveri – che controllano le menti attraverso messaggi subliminali sui cartelloni, negli spot e sulle riviste. John, aiutato dall’unico amico che ha trovato nella nuova città, inizierà una lotta per fermare il controllo alieno sulla razza umana.
Ovviamente quella degli alieni è una scusa presa apposta per sferrare una palese accusa nei confronti del consumismo sfrenato che la società odierna ci impone. “Obbedite”, “Sposatevi e riproducetevi”, “Io sono il tuo dio” scritto sulle banconote: sono questi alcuni dei messaggi subliminali da cui Carpenter ci mette in guardia.
Essi vivono, tratto da un racconto, mantiene un perfetto stile carpenteriano. Seppur le atmosfere losangeline siano un po’ più “solari”, stilisticamente non c’è differenza con 1997: Fuga da New York. Atmosfere che comunque mutano all’indossare degli speciali occhiali: tutto diventa un piatto e freddo “film” in bianco e nero, per accentuare le scritte subliminali nere su fondo bianco.
Gli attori protagonisti non sono celebri, forse per evitare raffigurazioni particolarmente eroiche e mettere in mano la rivolta ad un normale cittadino medio. Le prestazioni non sono fenomenali, ma è una cosa di cui non si sente il bisogno, essendo già presente una trama ed una morale ben solide a sorreggere il film.

VOTO: 8/10

Il Buono
Scheda Tecnica
Titolo:
Essi vivono
Titolo Originale:
They live
Regia:
John Carpenter
Soggetto:
Ray Nelson (racconto breve)
Sceneggiatura:
John Carpenter
Anno:
1988
Genere:
Horror, fantascienza
Interpreti Principali:
Roddy Piper, Keith David, Meg Foster
Durata:
93 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Kung Fusion

Sing è un teppistello che si finge membro della Gang delle Asce per ottenere il rispetto dei poveri residenti del Vicolo dei Porci. Quando Fratello Sum, capo della vera gang lo scopre e attacca il vicolo pensando di poter sconfiggere facilmente gli abitanti, alcuni di loro si rivelano essere dei potenti maestri di arti marziali. Sum farà di tutto per prendere il controllo del quartiere, arrivando persino ad ingaggiare i più pericolosi assassini, e il buon Sing si ritroverà in mezzo ai guai, spinto dalla sua voglia di diventare un vero gangster. Dopo il successo internazionale di Shaolin Soccer, Stephen Chow torna sul grande schermo con una commedia simile, mostrando ancora il suo amore per le arti marziali. Questa volta Chow non le declina attraverso un sport come nel film precedente, ma ci si dedica senza mezzi termini, ottenendo una pellicola che è al contempo una parodia e un grande omaggio al genere. Uno dei grandi pregi dei registi orientali è quello di saper coniugare stili cinematografici diversi nella stessa opera, e Chow non è da meno, passando da combattimenti che citano classici del cinema cinese (ad un certo punto Sing è vestito come Bruce Lee in I tre dell'Operazione Drago e combatte come lui) a scontri che omaggiano il cinema americano (su tutti Matrix, il cui coreografo è lo stesso di Kung Fusion), passando per gag comiche demenziali e piccoli momenti di poesia che rafforzano una trama non proprio sviluppatissima. Ma il fulcro di questo film ovviamente sono i combattimenti, ricchi di effetti speciali in computer grafica che li rendono cartooneschi ma non per questo meno convincenti, anzi le continue sorprese e trovate che vengono inserite nelle lotte riescono sempre a stupire e a divertire lo spettatore. Non aspettatevi combattimenti troppo realistici insomma, ma non rimarrete nemmeno delusi se siete pronti a colpi che mandano in orbita, spade invisibili (memorabili i killer musicisti che citano i Blues Brothers) e uomini che fermano proiettili. Le ambientazioni sono ben costruite, funzionali come sfondo interattivo per personaggi che volano qua e là e si schiantano distruggendo ogni cosa. Vedendo Kung Fusion ci si chiede perché Stephen Chow non abbia ancora diretto un adattamento per il cinema di un anime o manga ma si sia limitato semplicemente a produrre il pessimo Dragon Ball Evolution.
P.S. Attenti alla terribile versione italiana che usa gli accenti dei vari dialetti nostrani e affida le voci di tre quarti dei personaggi agli stessi doppiatori. Non è orripilante quanto quella di Shaolin Soccer, ma vale la pena evitarla in ogni caso.
VOTO: 7,5/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
Kung Fusion
Titolo Originale:
Kung Fu Hustle
Regia:
Stephen Chow
Sceneggiatura:
Stephen Chow, Xin Huo
Anno:
2004
Genere:
Commedia, arti marziali
Interpreti Principali:
Stephen Chow, Wah Yuen, Zhi Hua Dong, Danny Chan Kwok-Kwan
Durata:
95 min
Nazionalità:
Cina, Hong Kong
Colore:
Colore

Effetto Notte

Considerato uno dei capolavori del cinema, premiato di numerosi riconoscimenti, Effetto notte è valutato come uno dei film più importanti di sempre. Diretto da François Truffaut, racconta in maniera minuziosa e completa proprio la realizzazione di un film.
Il tema della pellicola, però, non è specificatamente il film che si sta girando, ma qualsiasi film, qualsiasi set, qualsiasi troupe. Truffaut, che interpreta proprio il regista, vuole raccontare tutta la lavorazione che sta dietro a quella manciata di minuti di visione.
Lo stress, le liti, gli amori, i retroscena, i rapporti interpersonali e gli aspetti puramente tecnici che rimangono ovviamente celati alla visione di un film, ma che sono ben chiari per chi sul set c’è stato e c’ha lavorato.
Un film sul cinema, si può dire, carico di metalinguaggio e riferimenti al cinema stesso. Truffaut mette a nudo le dinamiche che si creano in quello che è sicuramente uno dei lavori più complessi in assoluto. Ognuno ha il suo ruolo, ognuno è un tassello indispensabile di un mosaico che si traduce poi in un’opera cinematografica. Spessissimo la camera e tenuta a mano, come a voler documentare in modo realistico, più che a raccontare qualcosa di fittizio.
Il regista francese non manca di dimostrare la dedizione che ha per il suo lavoro e tutto il suo amore per il cinema. A dimostrazione di ciò vi è il sogno ricorrente del regista – in bianco e nero – in cui egli si rivede bambino a rubare le locandine di Quarto potere di Orson Welles.

VOTO: 7,5/10

Il Buono

Scheda Tecnica
Titolo:
Effetto notte
Titolo Originale:
La Nuit américaine
Regia:
François Truffaut
Sceneggiatura:
François Truffaut, Jean-Louis Richard, Suzanne Schiffman
Anno:
1973
Genere:
Commedia, drammatico, romantico
Interpreti Principali:
François Truffaut, Jaqueline Bisset, Valentina Cortese, Jean-Pierre Aumont, Jean-Pierre Léaud, Dani
Durata:
115 min
Nazionalità:
Francia, Italia
Colore:
colore

Chi ha incastrato Roger Rabbit

In un mondo dove i personaggi dei cartoni animati sono reali, interpretano della parti come se fossero attori e convivono con le persone reali, il coniglio Roger Rabbit è accusato della morte di R. K. Maroon, capo degli studi di animazione omonimi. Braccato dal terribile giudice Morton e dalle sue faine, Roger si rivolge a Eddie Valiant, un detective privato in carne ed ossa che in passato era specializzato in casi che riguardavano i cartoni, ma che ora li odia perché uno di loro ha ucciso suo fratello. Eddie scoprirà che la vicenda nasconde molto più di quello che sembra, e destreggiandosi tra i folli personaggi dei cartoni cercherà di scoprire il vero colpevole. Uscito nel 1988, Chi ha incastrato Roger Rabbit è un film a tecnica mista ovviamente, e unisce animazione e riprese in live action. La trama e l'atmosfera sono quelle di un noir, con l'investigatore alcolizzato, i vicoli malfamati, i ricatti e le sparatorie, ma inserite degli elementi anomali come i cartoni animati e tutto uscirà fuori dagli schemi. I personaggi dei cartoni sono folli e strampalati come ce li ricordiamo dai classici d'animazione Disney e Warner Bros, ed è proprio da là che arrivano: Chi ha incastrato Roger Rabbit vede infatti per la prima volta la collaborazione tra le due grandi case di produzione, che prestano i loro "attori" più conosciuti in modo che possano comparire nella storia. E così abbiamo un duello di pianoforte tra i litigiosi Paperino e Duffy Duck (scena fantastica!), Topolino e Bugs Bunny che prendono in giro il detective Eddie, e poi Dumbo, Titti, Pippo e tantissimi altri, usati sia per camei veloci che per scene con i protagonisti. Questo è chiaramente il punto forte di un film che ha dalla sua anche uno stupendo uso degli effetti speciali (le interazioni tra gli attori veri e quelli animati è perfetta, tanto da meritare un Oscar) e una serie di gag che richiamano l'epoca d'oro dei cartoni, tra incudini, buchi portatili e martelloni ACME. Nonostante l'uso di personaggi per bambini perciò Chi ha incastrato Roger Rabbit piacerà forse più ad un pubblico adulto, che potrà riconoscere i personaggi che ha amato in passato (e che lo divertono tuttora) e che apprezzerà il tocco noir dato alla trama.
VOTO: 7,5/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica
Titolo:
Chi ha incastrato Roger Rabbit
Titolo originale:
Who framed Roger Rabbit
Regia:
Robert Zemeckis
Soggetto:
Gary K. Wolf (storia breve)
Sceneggiatura:
Jeffrey Price, Peter S. Seaman
Anno:
1988
Genere:
Commedia, giallo, animazione
Interpreti Principali:
Bob Hoskins, Christopher Lloyd, Joanna Cassidy
Doppiatori Italiani:
Marco Mete, Paila Pavese, Roberto Del Giudice
Durata:
103 min 
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Emotivi Anonimi

Ancora a parlarvi di una commedia francese. Non so cos'è successo, sarà che ultimamente ho voglia di pensare di meno, di impegnarmi di meno nella visione, ma ribadisco che ultimamente i registi francesi lavorano molto bene; altro che i nostri cinepanettoni.
Emotivi anonimi altro non è che una commedia romantica confezionata elegantemente. Viene sfrondata dalle solite e innumerevoli classiche scene romantiche, per lasciare spazio ad una passione amorosa viscerale che si sublima per mezzo di un ingrediente eccezionale: il cioccolato.
E' difatti una cioccolateria il luogo di incontro fra Angélique e Jean-René. Quest'ultimo ne è il proprietario, ed è in piena crisi economica perché non riesce più a vendere il suo prodotto. Ha assunto per questo scopo un nuovo addetto alle vendite: Angélique. 
La specialità di Angélique è però creare cioccolatini deliziosi, non venderli, a causa del suo carattere introverso e della sua emotività estrema. Già nel suo precedente impiego Angélique lavorava per un noto ed eccellente produttore di cioccolato, con cui aveva concordato però di rimanere nell'anonimato. Sul mistero di chi fosse quest'abile figura nell'ombra si erano create delle leggende, da cui scaturì il nome “l'eremita”.
L'incontro fra i due sarà estremamente spigoloso e inusuale, perché anche Jean-Renè come Angélique, ha problemi nel rapportarsi con l'altro sesso e più in particolare a creare una certa intimità. Le situazioni che si verranno a creare fra loro saranno divertenti e graziose. 
Il film scorre bene, è leggero, si vede gradevolmente, non ha particolari velleità artistiche ma riesce a ricreare atmosfere sognanti, quasi fuori dal tempo e dallo spazio. Il regista ci mostra una delle caratteristiche più imperscrutabili e profonde dell'animo umano, l'emozione. Oggi più che mai stiamo diventando incapaci di controllarle, di mostrarle e di accettarle. Così il film esagera ed esaspera fino al comico, situazioni in cui ci possiamo riconoscere, specchiare. Può capitare che dentro il film troviamo qualche consiglio, qualche incoraggiamento per le nostre paure.
Mi è piaciuta molto l'interpretazione di Benoit Poelvoodre nei panni di Jean-Renè, già l'avevo visto superbamente in Il mio miglior incubo (film dello stesso genere che consiglio), e qui riconferma la mia impressione. Emotivi anonimi si inserisce in quei film che non eccellono ma che ti permettono una visione facile e che non annoia.

Voto: 6.5/10

Il brutto

Scheda Tecnica:
Titolo:
Emotivi Anonimi
Titolo Originale:
Les Émotifs anonymes
Regia:
Jean-Pierre Améris
Sceneggiatura:
Jean-Pierre Améris, Philippe Blasband
Anno:
2010
Genere:
Commedia, Romantico
Interpreti Principali:
Benoît Poelvoorde, Isabelle Carré
Durata:
80 min
Nazionalità:
Francia, Belgio
Colore:
Colore

Misery non Deve Morire

Paul Sheldon è uno scrittore celebre soprattutto per i romanzi che hanno come protagonista Misery Chastain, un’eroina ottocentesca. In seguito ad un incidente, durante una bufera di neve, viene soccorso e ospitato da Annie Wilkes, che casualmente è anche una sua grandissima ammiratrice. Annie mostra subito degli evidenti segni di insania mentale e Paul scopre di essere prigioniero della sua salvatrice. Quando quest’ultima, nell’ultimo romanzo di Paul, leggerà che Misery muore, andrà su tutte le furie ed obbligherà lo scrittore a dare forma ad un nuovo romanzo dove far tornare in vita la sua eroina, non mancando di infliggergli delle dolorose torture per i motivi più disparati.
La trama di Misery non deve morire è tratta da un romanzo di Stephen King (intitolato semplicemente Misery), e le differenze con il libro sono molteplici. Sorvolando sulle modifiche fatte allo svolgimento della storia, per motivi puramente cinematografici, non si può non fare una critica ai personaggi. Paul Sheldon (interpretato da un James Caan forzatamente espressivo), eccetto che in qualche momento, manca di una particolare caratterizzazione anche nel romanzo, ma il personaggio di Annie Wilkes (Kathy Bates, forse esasperata ma accettabile) nella storia di King è descritto quasi minuziosamente, specie per quanto riguarda i comportamenti, mentre nel film gli sprazzi di pazzia sono pochi e mal distribuiti. Anche la suspense risulta fiacca, il taglio thriller risalta raramente e in maniera superficiale.
A differenza della grande maggioranza dei giudizi che ho letto in giro, secondo il mio parere, il film di Rob Reiner riesce solo in parte a trasporre la storia originale, soprattutto perché tralascia alcune componenti fondamentali che servirebbero a capire meglio i personaggi e il legame che si crea fra di loro. Seppur alcune parti sarebbero comunque state tagliate (il romanzo è abbastanza lungo), rimanere più fedeli all’opera di King avrebbe dato risultati migliori.

VOTO: 5,5/10

Il Buono

Scheda Tecnica
Titolo:
Misery non deve morire
Titolo Originale:
Misery
Regia:
Rob Reiner
Soggetto:
Stephen King (romanzo)
Sceneggiatura:
William Goldman
Anno:
1990
Genere:
Thriller
Interpreti Principali:
James Caan, Kathy Bates, Richard Farnsworth
Durata:
107 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Questo Pazzo, Pazzo, Pazzo, Pazzo Mondo

Un gruppo eterogeneo di persone assiste ad un incidente stradale e accorre per prestare il primo soccorso all'automobilista che sfrecciando a velocità folle è uscito di strada. La vittima si rivela essere "Smiler" Grogan un criminale evaso di prigione, che prima di spirare decide di rivelare alle persone presenti il luogo dov'è nascosto il suo bottino. Inizialmente diffidenti, ma poi sempre più esaltati, i vari personaggi partono in una folle corsa verso il denaro, ostacolandosi a vicenda per poter arrivare per primi. Uscito originariamente nel 1963, Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo è una delle commedie più mastodontiche che abbia mai visto: quasi tre ore di durata, decine di personaggi protagonisti (tra cui Spencer Tracy e Peter Falk), una cinquantina di cammei illustri di celebri attori che hanno fatto la storia della commedia americana (citando i più famosi: Jerry Lewis, i Tre Marmittoni, Buster Keaton, Jack Benny) e ad occhio e croce un budget piuttosto alto per l'epoca. Nato da un'idea dello sceneggiatore William Rose, questo film rappresenta un enorme omaggio alle commedie del cinema muto, basate su comicità slapstick e scene folli. Abbiamo in pratica tre ore di assurdi inseguimenti, distruzioni esagerate, incidenti catastrofici e personaggi sopra le righe, tanto che sembra di vedere un cartone animato interpretato da attori in carne ed ossa. La storia ci mette poco ad ingranare, e dopo un'introduzione che getta le basi, si parte subito ad un ritmo forsennato, dando il giusto spazio a tutti i protagonisti e calando solo un po' dopo la metà, per poi riaccelerare in vista del pirotecnico finale. Le gag non sono tutte originalissime, ma dato che ce ne sono in quantità industriale non si sente troppo l'effetto del già visto (che comunque permea tutto il film, data la volontà di ricordare un certo tipo di cinema), e si riesce a divertirsi senza troppi problemi. Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo è quindi un film adatto a chi apprezza la comicità vecchio stile e non pretende troppo da una pellicola fatta per intrattenere e citare il passato, offrendo parecchie risate facili e senza pensieri.
VOTO: 7/10

Il Cattivo.
Scheda tecnica
Titolo:
Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo
Titolo originale:
It's a mad, mad, mad, mad world
Regia:
Stanley Kramer
Sceneggiatura:
William Rose, Tania Rose
Anno:
1963
Genere:
Commedia, avventura
Interpreti Principali:
Spencer Tracy, Milton Berle, Sid Caesar, Buddy Hackett, Dorothy Provine, Ethel Merman
Durata:
192 min (originale), 174 min (restaurata), 154 min (rimontata)
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Il Delitto Perfetto

Tony Wendice da tempo è a conoscenza del fatto che sua moglie ha un amante e decide che questo tradimento deve essere punito con la morte. Non volendo essere lui l’assassino, trova il modo di ricattare un suo vecchio compagno d’università affinché sia quest’ultimo a compiere l’omicidio. Wendice sfrutta ogni circostanza per architettare il delitto perfetto, ma prima che il piano prenda vita, sarà proprio l’amante di sua moglie, uno scrittore di libri gialli, a metterlo in guardia: “Nei romanzi le cose vanno come l'autore vuole che vadano ma nella vita no, mai.”
Alfred Hitchcock non ha certo bisogno di presentazioni. Il delitto perfetto non è il primo titolo nella lunghissima lista attribuita al maestro del brivido, ma probabilmente sancisce l’inizio di una serie di capolavori del thriller, ricordati ancora oggi, come La finestra sul cortile, La donna che visse due volte e, ovviamente, Psyco.
Prendendo spunto da un dramma di Frederick Knott, Hitchcock riesce a cucire una trama molto complessa in modo impeccabile; un puzzle i cui tasselli vengono fuori piano piano, un pezzo alla volta. È incredibile come un film degli anni ’50, un’epoca che oggi ci sembra lontanissima, sia in grado di tenere alta la tensione, senza l’utilizzo di particolari mezzi tecnologici, ma basandosi esclusivamente sulla musica, sulla regia e sulla recitazione degli attori.
Sul set pochissimi attori: Ray Milland, Grace Kelly, Robert Cummings e John Williams; una gestualità ed un modo di recitare che sicuramente non siamo abituati a vedere ai giorni nostri, ma non per questo carenti di efficacia e trasporto.
Pellicola che gli appassionati di thriller dall’incastro perfetto non possono lasciarsi sfuggire.

VOTO: 8/10

Il Buono

Scheda Tecnica
Titolo:
Il delitto perfetto
Titolo Originale:
Dial M for murder
Regia:
Alfred Hitchcock
Sceneggiatura:
Frederick Knott
Anno:
1954
Genere:
Thriller
Interpreti Principali:
Ray Milland, Grace Kelly, Robert Cummings, John Williams, Anthony Dawson
Durata:
105 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Violent Cop

Azuma è un poliziotto di poche parole ma dai modi molto bruschi, che non esita ad usare la violenza per risolvere le situazioni che lo coinvolgono e fermare, vivi o morti, i criminali. Quando uno scandalo legato alla droga spinge al suicidio il suo migliore amico, un altro poliziotto di nome Iwaki, Azuma si ritrova coinvolto in una guerra con la potente gang che controlla lo spaccio di stupefacenti in città. Violent Cop nasce come una commedia, ma quando il regista è obbligato ad abbandonare la direzione delle riprese, Takeshi Kitano, che fino ad allora era solo l'attore protagonista, decide di prendere il suo posto. Alla sua prima regia e deciso a mettersi in gioco personalmente, Kitano apporta profondi cambiamenti alla pellicola, trasformandola in un poliziesco dai toni drammatici e violenti. I temi trattati sono molteplici, dalla brutalità della polizia, alla corruzione, ma quello principale, che lega tutti gli altri e permea il film è la violenza: come mezzo (sbagliato, ce lo dimostra lo scoraggiante finale) per risolvere i problemi, come modo di dimostrare la propria superiorità e per dispensare la propria idea di giustizia e di vendetta. La violenza di Kitano non è coreografica o esplosiva come quella di altri suoi colleghi nipponici (vedi Takashi Miike), ma è spesso muta e, nella sua intensità, quasi dolorosa anche per lo spettatore. Le scene di violenza sono alternate a momenti quotidiani del protagonista, come le sue passeggiate o il tempo trascorso con la sorella, stratagemma che rende i pestaggi e le sparatorie ancora più intense. Quello che manca è un elemento che solitamente è il cardine del genere poliziesco, la suspance: Kitano la elimina quasi totalmente, inserendo tranquilla musica jazz durante un inseguimento in auto ad esempio, e facendoci capire fin da subito che i metodi del silenzioso Azuma lo porteranno ad una fine che sembra essere già scritta e abbastanza intuibile. Anche dal punto di vista tecnico Beat Takeshi dimostra subito quello di cui è capace, acquisendo sicurezza con il passare dei minuti, e arrivando ad inquadrature che sembrano dei dipinti grazie all'uso di luci ed ombre, senza la necessità di troppi movimenti di macchina (abituato com'era alla regia televisiva, dati i suoi precedenti come presentatore e comico). Con Violent Cop quindi Takeshi Kitano debutta col botto, dando vita ad un poliziesco atipico e costruito attorno a stilemi che si rifaranno vivi nei suoi successivi film da regista.
VOTO: 7/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica 
Titolo:
Violent Cop
Titolo originale:
その男、凶暴につき
Sono otoko, kyobo ni tsuki
Regia:
Takeshi Kitano
Soggetto:
Hisashi Nozawa
Sceneggiatura:
Hisashi Nozawa, Takeshi Kitano
Anno:
1989
Genere:
Drammatico, azione, thriller
Interpreti Principali:
Takeshi Kitano, Kishibe Ittoku, Sei Hiraizumi
Durata:
103 min
Nazionalità:
Giappone
Colore:
Colore

Memento

Leonard Shelby è un giovane uomo che volendo difendere la moglie da un’aggressione in cui rimarrà uccisa, viene colpito alla testa, perdendo la memoria breve; cerca vendetta, ma dopo l’incidente  non riesce a memorizzare le informazioni o gli eventi per più di qualche minuto. Per questo si tatua sul corpo tutti gli indizi che lo possono condurre a scoprire l’assassino di sua moglie.
Secondo lungometraggio di quel cervellone di Christopher Nolan (oggi ricordato dai più per film come Il cavaliere oscuro o Inception), Memento (che in latino significa, appunto, “ricordati”) è un film di quelli che non ti lasciano un secondo di distrazione.
La trama è piuttosto lineare, quindi perché non incasinare tutto montando il film in ordine non cronologico? In realtà c’è un criterio ben preciso anche nel montaggio – e il meccanismo si capisce presto – ed è proprio questo che rende la pellicola unica.
Basandosi su un racconto del fratello Jonathan, Nolan sforna un prodotto quasi privo di sbavature, dove gli eventi sono dipanati in modo da confondere lo spettatore, fino alla scena finale che, rifacendomi al discorso del montaggio, finale non è.
I ruoli fondamentali del film sono tre, oltre a Guy Pierce nel ruolo di Leonard, troviamo Joe Pantoliano (Teddy) e Carrie-Ann Moss (Natalie): tutti estremamente convincenti e, quando necessario, ben caratterizzati.
Una curiosità per chi li ha visti entrambi: il numero di Teddy è lo stesso di Marla Singer in Fight Club.
Ancora libero da vincoli e restrizioni dovuti a grosse produzioni, questo film – insieme al precedente Following – è la prova che non serviva Heath Ledger truccato bene, o un sogno nel sogno nel sogno, a dimostrare le doti cinematografiche di Christopher Nolan.

VOTO: 8/10

Il Buono
Scheda Tecnica
Titolo:
Memento
Regia:
Christopher Nolan
Soggetto:
Jonathan Nolan
Sceneggiatura:
Christopher Nolan, Jonathan Nolan
Anno:
2000
Genere:
Drammatico, Thriller
Interpreti Principali:
Guy Pierce, Joe Pantoliano, Carrie-Ann Moss
Durata:
113 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

TMNT

Tutti i nemici delle tartarughe sono stati finalmente sconfitti e i quattro mutanti stanno vivendo un periodo di tranquillità: Leonardo si sta allenando in Sud America, Michelangelo e Donatello hanno trovato lavoro e Raffaello pattuglia segretamente le strade di New York mascherandosi da giustiziere. Quando però il miliardario Maximilian Winters decide di radunare quattro misteriose statue di pietra e assolda il Clan del Piede per catturare tredici mostri che scorrazzano per la città, le tartarughe devono tornare in azione e risolvere i problemi familiari che le dividono per poter combattere nuovamente unite. Dopo ben quattordici anni da Tartarughe Ninja III esce TMNT, primo film della serie realizzato completamente in computer grafica. La scelta di creare un film girato tutto a computer si è rivelata una decisione azzeccata, grazie alle molte possibilità offerte al giorno d'oggi dalle tecnologie grafiche: i costumi gommosi dei primi tre episodi hanno sempre penalizzato l'espressività e le varietà di movimenti dei protagonisti, che ora invece riescono ad esprimersi al massimo delle loro possibilità. Le scene d'azione e i combattimenti non sono mai stati così dinamici, avvincenti e ben coreografati, e i volti e i movimenti dei personaggi risultano molto espressivi nonostante la scelta di usare uno stile caricaturale e non fotorealistico. La trama (completamente originale, anche se le atmosfere cupe richiamano il fumetto) si focalizza soprattutto sui problemi interni del gruppo di ninja, che non sono più uniti come un tempo, e sui loro caratteri, trascurando un po' lo sviluppo di alcuni nemici, ma fornendo un buon antagonista principale che ha motivazioni diverse dal solito "voglio conquistare il mondo". Anche la colonna sonora è adatta, e richiama quella dei primi due film, con pezzi rap e hip-hop, realizzati però da musicisti degli anni 2000, in modo da mantenere un contatto con il passato ma al contempo dare un sapore più moderno alla pellicola. Spero di non rischiare il linciaggio se dico che TMNT è secondo me il film più riuscito dedicato alle Tartarughe Ninja (si vede anche dalle citazioni inserite che il regista Kevin Munroe è un appassionato), e proprio per questo attendevo con impazienza il sequel, che ora sembra sia passato nelle mani di Michael Bay.
VOTO: 7/10

Il Cattivo.
Scheda tecnica
Titolo:
TMNT
Regia:
Kevin Munroe
Soggetto:
Kevin Eastman, Peter Laird (fumetto)
Sceneggiatura:
Kevin Munroe
Anno:
2007
Genere:
Animazione, avventura
Doppiatori Italiani:
Davide Perino, Simone Crisari, Nanni Baldini, Stefano Crescentini
Durata:
87 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Cena tra Amici

Da qualche tempo la commedia francese ha ritrovato freschezza e propone film sempre più sottili, in cui l’ironia si accompagna a riflessioni profonde e poco scontate. Ne è l'esempio il recente Quasi amici di Nakache e Toledano. Su questo filone si inserisce Cena tra amici, per la regia di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, in cui sono i dialoghi la componente essenziale del film. Il narratore che ci porta per mano lungo tutto lo svolgersi del film è Vincent, uno dei protagonisti della storia: personaggio carismatico e piacente che funge da perno e da innesco per l'espediente umoristico del film. Tutto parte dal nome che Vincent vuole dare al figlio che sta per nascergli. I presenti, atterriti e indispettiti dalla scelta inusuale del loro amico, instaureranno una discussione che li porterà dove neanche immaginano. Attraverso le rivelazioni che verranno fuori a poco a poco si creerà un filo conduttore di alti e bassi in cui lo spettatore verrà catturato.
Il ritmo del film non è sempre e perfettamente incalzante, ma si riesce comunque a seguirlo senza annoiarsi. Indubbiamente va riconosciuto un grande lavoro di sceneggiatura, che è l'essenza stessa dell’opera. Molte le similitudini con Carnage di Polanski, specialmente la scelta di girare il film quasi completamente in casa. Entrambi indagano e scoprono più profondamente chi siamo in realtà, svelando quelle maschere di buon costume che portiamo. In questo film però risulta prevalente un aspetto mentale e filosofico, in cui solo nella seconda parte si svelano atti concreti, mentre nella prima si tendono a rappresentare le differenze di costume, di cultura e di ideali dei protagonisti.
Interessante lo sviluppo dei personaggi, i quali, uno dopo l'altro, danno sfogo alla loro storia, al loro vissuto, che è sempre rimasto sepolto nel profondo, lontano dalla quotidianità. Questo ci dimostra quanto spesso teniamo dentro ciò che sentiamo, senza esternarlo. Da qui, lo spunto su uno dei concetti che, fra gli altri, viene espresso molto chiaramente nel film: la paura del giudizio altrui.
Quello che gli altri possono pensare di noi è sicuramente uno dei fattori che più di tutti ci blocca, ci ostacola, ci toglie naturalezza e genuinità, facendoci provare vergogna, timore e imbarazzo nel dire ciò che pensiamo o nel fare ciò che desideriamo. Abbiamo paura delle nostre scelte, di far vedere ciò che siamo realmente. Ma non possiamo fuggire in eterno e il film nel finale svela a cosa porta essere sinceri, da una propria visione del dopo.
Il film nel complesso risulta abbastanza piacevole, ma sembra ricalcare molto da vicino l'idea (ottima) di Carnage, non riuscendo a mio avviso, a trovarne la stessa brillantezza.

Voto: 6.5/10

Il brutto
Scheda tecnica:
Titolo:
Cena tra amici:
Titolo originale:
Le prènom
Regia:
Alexandre de La Patellière, Matthieu Delaporte
Soggetto:
Matthieu Delaporte
Sceneggiatura:
Matthieu Delaporte
Anno:
2012
Genere:
Commedia
Interpreti Principali:
Patrick Bruel, Valèrie Benguigui, Charles Berling
Durata:
109 min
Nazionalità:
Francia, Belgio
Colore:
Colore

I Mercenari 2 - The Expendables

Mr Church, scontento dei risultati ottenuti dai Mercenari nella precedente missione, obbliga il gruppo di combattenti a partecipare al recupero di una cassaforte precipitata con un aereo nell'Europa dell'est. A causa dell'intervento del malvagio Jean Vilain però uno dei componenti del gruppo muore, spingendo Barney e tutti i suoi uomini a cercare vendetta, sventando nel frattempo un piano criminale che prevede il recupero e la vendita di grandi quantità di plutonio. Dopo appena due anni dal primo episodio, torna al cinema la banda di attempati uomini d'azione pronta a far esplodere qualunque cosa capiti loro a tiro. I Mercenari era un film divertente e coinvolgente, ma non esente da qualche difetto, soprattutto nella regia e in molti dialoghi che non erano avvincenti come avrebbero dovuto essere. Questa volta Stallone decide di non fare tutto da solo, lasciando la regia a Simon West e collaborando con altre persone nella scrittura del soggetto e della sceneggiatura, e fortunatamente queste decisioni hanno dato i loro frutti. Il film risulta più frizzante e vola via velocissimo, tra combattimenti (tanti), sparatorie (tantissime) e frecciatine o battute spassose da gradassi che questi omoni duri e muscolosi si lanciano l'uno con l'altro. Le scene d'azione sono tutte adrenaliniche e cariche di testosterone all'inverosimile: i nostri eroi non vengono neanche mai sfiorati dai colpi nemici, ma a chi importa il realismo in un film così? Le citazioni ai film classici del genere sono innumerevoli e divertenti, distribuite ovunque lungo la pellicola, così come le comparsate di Arnold Schwarzenegger, Chuck Norris (da antologia la sua entrata in scena) e Bruce Willis, tutti elementi che contribuiscono all'aria di epicità generale che trasmette I Mercenari 2. Concludendo, se vi piace l'azione casinara (stile anni '80, per capirci) questo film non vi deluderà neanche un po', dato che è una delle migliori pellicole del genere che sono uscite negli ultimi anni. Appena fuori dal cinema vi verrà la voglia di strappare le portiere ad una Smart, ve lo assicuro.
VOTO: 8/10

Il Cattivo.
Scheda tecnica
Titolo:
I Mercenari 2 - The Expendables
Titolo originale:
The Expendables 2
Regia:
Simon West
Soggetto:
Ken Kaufman, David Agosto, David Callaham, Sylvester Stallone
Sceneggiatura:
Sylvester Stallone, Richard Wenk, Ken Kaufman, David Agosto
Anno:
2012
Genere:
Azione, avventura
Interpreti Principali:
Sylvester Stallone, Jason Statham, Jet Li, Dolph Lundgren, Jean-Claude Van Damme, Chuck Norris, Bruce Willis, Arnold Schwarzenegger, Terry Crews, Randy Couture
Durata:
103 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno

Eravamo rimasti a Batman che si prende la colpa della morte di Harvey Dent, paladino della giustizia e della legalità di Gotham City, attirando su di sé l’odio dell’intera città. Dopo otto anni, durante i quali l’uomo pipistrello, e quindi Bruce Wayne, si è ritirato dalle scene, qualcosa torna a scuotere la tranquillità di quello che sembrava un posto ormai sicuro. Bane, un tipo grosso quanto l’abitacolo di un tir che indossa una sorta di maschera, vuole far saltare in aria Gotham, proprio come voleva fare la Setta delle Ombre, di cui egli era membro.
Terzo ed ultimo capitolo di quella fetta di storia di Batman firmata da Christopher Nolan. Moltissimi i collegamenti a Batman begins e Il cavaliere oscuro, che servono a dare una maggiore completezza alla trama e a rendere compatta tutta la trilogia.
La mano di Nolan forse si vede un po’ meno, rispetto al capitolo precedente, viene da pensare che abbia esaurito le energie per fare Inception. Energie che però sono state usate nelle esplosioni catastrofiche, negli inseguimenti al limite dell’assurdo (tutta la polizia di Gotham contro Batman, che, ovviamente, riesce a fuggire) e nei mezzi sempre più tamarri che Lucius Fox fornisce all’uomo pipistrello. Però facciamo un bell’applauso a Nolan per non essersi piegato al 3D.
Veniamo agli attori e alle loro parti: è evidente che in questo film manca una figura di spicco come quella del Joker di Heath Ledger, ma a questo sopperisce in parte l’introduzione di altri personaggi, tipo Selina Kyle, che sarebbe poi Catwoman, interpretata da una Anne Hathaway non proprio particolarissima, ma che, nonostante il mio odio nei suoi confronti, ho quasi apprezzato. Superfluo elogiare le doti di Michael Caine e Gary Oldman. Interessanti ma poco incisive le interpretazioni di Gordon-Lewitt e Cotillard. Christian Bale devo ancora decidere se mi stia simpatico o meno, ma a parte le mie impressioni personali, eccetto una sporadica esasperazione, non gli si può negare una certa bravura. Poco rilevanti le doti di Tom Hardy, vista la faccia coperta dalla maschera, del quale si possono apprezzare solo le movenze e, a seconda dei gusti, il fisico mastodontico. Morgan Freeman… cioè, basta! Mezzo colpo di scena la particella affidata a Cillian Murphy, personaggio mai principale, ma presente in tutti e tre i capitoli.
Un discorso a parte va fatto sul doppiaggio: Claudio Santamaria, a differenza dei due precedenti che, diciamocelo, facevano un po’ sorridere, riesce a dare a Bruce Wayne una voce quasi seria e credibile; sbagliatissima invece la scelta di Filippo Timi per Bane: Timi è un attore che apprezzo molto, ma come voce di questo personaggio è decisamente inappropriato!
Il cavaliere oscuro – Il ritorno (che poi cosa costava intitolarlo “Il ritorno del cavaliere oscuro”?) risulta migliore dei suoi predecessori per l’approfondimento di alcuni aspetti psicologici dei personaggi, ma decisamente più approssimativo in diversi momenti: anche quelli che ci si aspetterebbe fossero colpi di scena, lasciano ben poco di stucco… che Nolan, regista abituato a ideare trame come Memento e Inception, ne avesse un po’ le tasche piene di questo tizio che va in giro vestito come un cretino?

VOTO: 7/10

Il Buono

Scheda Tecnica
Titolo:
Il cavaliere oscuro – Il ritorno
Titolo Originale:
The Dark Knight Rises
Regia:
Christopher Nolan
Soggetto:
Bob Kane (fumetto), Christopher Nolan
Sceneggiatura:
Jonathan Nolan, Christopher Nolan
Anno:
2012
Genere:
Azione, drammatico
Interpreti Principali:
Christian Bale, Gary Oldman, Tom Hardy, Anne Hathaway, Marion Cotillard, Michael Caine, Joseph Gordon Lewitt, Morgan Freeman
Durata:
165 min
Nazionalità:
USA, Regno Unito
Colore:
Colore

Vacanze

Ci prendiamo delle immeritate ferie estive, augurandovi di guardarvi tanti film, auspicabilmente di qualità.
Tipo quelli che recensiamo su questo sito.
No, scherzo.
Ci vediamo a settembre.
Ciao.

A Serious Man

Larry Gopnik è un tranquillo professore di fisica che si ritrova a dover affrontare una richiesta di divorzio voluta da sua moglie, che preferisce frequentare il più serio Sy Ableman. Nel frattempo la sua vita è sempre più difficile da gestire, tra studenti che cercano la sufficienza passandogli bustarelle di nascosto, figli disinteressati e il fratello disoccupato che dorme sul suo divano. Uscito nel 2009, A Serious Man è forse il più personale tra i film dei fratelli Coen, avendo tra i protagonisti i membri di una comunità ebraica del Minnesota e quindi mettendo al centro delle vicende molti elementi vissuti in prima persona dai fratelli registi. Nonostante sia abituato allo stile dei Coen mi trovo in difficoltà a parlare di questo film, perché è forse la loro opera più aperta ed enigmatica: qual'è il messaggio del film? Cosa significa la storia mostrata nel prologo e che sembra non c'entrare nulla con il resto? E cosa dovremmo capire dal finale apertissimo e sconvolgente? I dubbi sono molteplici, si può provare a formulare delle ipotesi, ma non sapremo mai se la soluzione a cui siamo arrivati è quella che intendevano gli autori. A Serious Man è un film angosciante e pessimista, il solito umorismo nero dei Coen è presente in minima parte e sembra che stavolta non ci sia soluzione ai problemi dell'umanità (o al massimo qualche via d'uscita la si vede nei sogni del protagonista, ma sempre e solo lì), concentrati in questo caso nella vita del povero Larry (che nel lasciarsi scivolare addosso le cose ricorda altri personaggi coeniani, come il Drugo de Il Grande Lebowski o l'Ed Crane de L'uomo Che Non C'era). Niente sembra andare per il verso giusto, e nemmeno la religione, che viene indicata al protagonista come un faro che dovrebbe aiutarlo a ritrovare la strada smarrita, serve a qualcosa, dimostrandosi solo un insieme di rituali inutili, formule da recitare in lingue morte e storielle inconcludenti. La pellicola ad un primo impatto sembra lenta e monotona, ma non è così, dato che si susseguono colpi di scena uno dietro l'altro, tra incidenti d'auto, morti improvvise e vicine di casa provocanti. Ovviamente dal punto di vista tecnico i Coen non deludono mai e infatti registicamente il film è sempre elegante, per non parlare della fotografia luminosissima e della scelta di ambienti chiari e spaziosi ma allo stesso tempo tristi e quasi squallidi (il quartiere dove abita Larry ad esempio). Gli attori, anche se tutti poco conosciuti, sono perfetti nei loro ruoli, e Michael Stuhlbarg dà una grande prova attoriale interpretando Larry Gopnik, mostrandoci un'espressività capace di lasciar trasparire molte cose. A Serious Man è certamente uno dei film più complessi dei fratelli Coen, ricco di significati (e addirittura riferimenti alla numerologia e alla cabala) e scritto alla grande, del resto solo i fratelli registi riescono a far convivere alla grande la fisica e le tradizioni ebraiche in un unica storia, realistica e imprevedibile come poche altre. Se anche il senso mi sfugge (e probabilmente è quello che volevano gli autori) non posso non apprezzare una pellicola che fa riflettere e mette in moto i neuroni fin dal primo minuto.
VOTO: 7,5/10

Il Cattivo.


Scheda tecnica 
Titolo:
A Serious Man
Regia:
Joel Coen, Ethan Coen
Soggetto:
Joel Coen, Ethan Coen
Sceneggiatura:
Joel Coen, Ethan Coen
Anno:
2009
Genere:
Commedia, Drammatico
Interpreti Principali:
Michael Stuhlbarg, Richard Kind, Fred Melamed, Sari Lennick
Durata:
105 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Timecrimes

Héctor ha il vizio di guardare attraverso un binocolo, sbirciando nel bosco intorno alla sua nuova casa. Intravede un evento piuttosto bizzarro, decide di osservare più da vicino e si becca una forbiciata in un braccio, da un uomo con delle bende rosa sulla faccia. Gli eventi prenderanno una piega sempre più surreale, finché Héctor non si troverà in una macchina del tempo…
Detta così sembra una barzelletta, ma la trama di Timecrimes, inquadrabile come thriller fantascientifico, scritto, diretto (e interpretato) da Nacho Vigalondo, pur essendo estremamente intrecciata, presenta talmente pochi elementi che dire di più sarebbe raccontare l’intero film, che però ha la capacità di mantenere un alto senso di tensione per tutta la sua durata.
Quando si parla di viaggi nel tempo si pensa sempre a sbalzi di decenni (Ritorno al futuro docet), e invece in questo film ci si “sposta” di qualche ora al massimo. Gli spagnoli riescono sempre a raccontare le cose senza arrivare ai livelli d’esagerazione tipici del cinema d’oltreoceano.
Se consideriamo anche una controfigura, il cast si conta sulle dita di una mano, altro particolare molto interessante del film. Non ammiro particolarmente il modo di recitare degli iberici, in produzioni iberiche (lo specifico perché Javier Bardem coi Coen, ad esempio, è fuori da ogni discussione), e qui non eccellono sicuramente, ma Karra Elejalde, su cui si regge tutta la storia, fa il suo dovere discretamente.
Come ho già detto, gli elementi di quest’opera sono pochissimi, ed il punto di forza è proprio questo, perché questi pochi elementi sono incastrati in modo molto sapiente. Alcune parti possono risultare forse prevedibili, ma non mancano in momenti in cui lo spettatore rimane spiazzato dall’intreccio.

VOTO: 6,5/10

Il Buono

Scheda Tecnica
Titolo:
Timecrimes
Titolo Originale:
Los Cronocrímenes
Regia:
Nacho Vigalondo
Sceneggiatura:
Nacho Vigalondo
Anno:
2007
Genere:
Thriller, fantascienza
Interpreti Principali:
Karra Elejade, Nacho Vigalondo, Bárbara Goenaga, Candela Fernández
Durata:
92 min
Nazionalità:
Spagna
Colore:
Colore

The Amazing Spider-Man

La storia penso che la conosciate tutti: Peter Parker è un adolescente che ha perso i genitori in tenera età e che quindi vive con gli zii Ben e May. Il giovane è innamorato della bella Gwen Stacy ma è troppo timido per dichiararsi, ed essendo un tipo solitario e senza amici è il bersaglio preferito dai bulli. Un giorno, dopo essersi infiltrato nei laboratori della Oscorp per scoprire qualcosa in più sui suoi genitori, Peter viene morso da un ragno modificato geneticamente e acqusisce straordinari poteri: forza e agilità fuori dal comune e la capacità di aderire a tutte le superfici. Nasce così il supereroe chiamato Spider-Man. A dieci anni esatti dal primo film dell'Uomo Ragno diretto da Sam Raimi, la saga dell'eroe spararagnatele riparte da capo. Dopo che Raimi (e di conseguenza tutti gli attori) ha abbandonato il progetto di un quarto capitolo che proseguisse la storia da dove si era fermata alla fine della trilogia, la produzione ha deciso di affidare una nuova pellicola ad un regista e ad un cast completamente diversi, in modo da dare al reboot una caratterizzazione che si staccasse dalle opere precedenti. Marc Webb dirige quindi basandosi più sulla serie Ultimate dei fumetti di Spider-Man, serie che ha un approccio più moderno e attuale agli eroi Marvel. E infatti è così anche per The Amazing Spider-Man, dove Peter Parker è più un ragazzo alternativo che un secchione (e anche molto più giovane del Peter interpretato da Tobey Maguire), e la sua reazione ai poteri che ottiene è quella che ci si aspetterebbe da qualunque adolescente: esaltazione e voglia di mettersi in mostra per vendicare i torti subiti. Peter è entusiasta delle sue nuove capacità, non spaventato dalla mutazione subita, e si sente finalmente speciale in un mondo che gli è sempre stato ostile, ma quando la realtà gli crolla addosso a causa della morte dello zio Ben, il novello Spider-Man deve maturare e prendere coscienza delle sue responsabilità. Per buona parte del film assistiamo quindi alla crescita psicologica del protagonista, non alle evoluzioni tra i grattacieli della sua controparte ragnesca. Le scene d'azione sono poche, cosa che non è per forza un difetto, e viene lasciato più spazio ai personaggi, che forse a causa della storia che ormai è conosciutissima, non hanno poi molto di nuovo da dire. Questo devono averlo capito anche gli sceneggiatori, che hanno deciso di inserire qualche intreccio in più nella trama, che magari farà storcere il naso ai puristi, ma che serve a non rendere il tutto troppo ripetitivo. Gli attori sono tutti adatti al loro ruolo, è forse la caratterizzazione che pecca un po': Peter è troppo affascinante e misterioso (sempre con il cappuccio in testa e lo skateboard...) mentre gli altri non sono particolarmente memorabili, a parte il dottor Connors, che però rappresenta il classico scienziato che si fa prendere dalla brama di potere. La regia non ha guizzi particolarmente originali ma regge per tutto il film, idem per la colonna sonora, con le classiche musiche epiche da film di supereroi. A parte qualche elemento francamente evitabile (tipo le scene comiche inserite a caso e Peter che si toglie troppo spesso la maschera) The Amazing Spider-Man quindi è un film non eccezionale, ma che si lascia guardare senza problemi, con la speranza che il già annunciato sequel sviluppi per il meglio gli elementi migliori di questo primo capitolo.
VOTO: 6,5/10

Il Cattivo.



Scheda Tecnica
Titolo:
The Amazing Spider-Man
Regia:
Marc Webb
Soggetto:
James Vanderbilt, Stan Lee, Steve Ditko (fumetto)
Sceneggiatura:
James Vanderbilt, Alvin Sargent, Steve Kloves
Anno:
2012
Genere:
Supereroi, azione, fantascienza, drammatico
Interpreti Principali:
Andrew Garfield, Emma Stone, Rhys Ifans, Martin Sheen
Durata:
136 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore