Il Grinta (2010)

Mattie Ross è una ragazzina di 14 anni a cui un ladro di nome Tom Chaney ha ucciso il padre. Decisa a catturare l'assassino, la giovane assume uno sceriffo, Reuben Cogburn detto il Grinta, che nonostante l'età avanzata e la passione per l'alcool ha la fama di esperto cacciatore di uomini. Aiutati da Le Boeuf, un ranger texano, si avventureranno nel selvaggio territorio indiano per ritrovare Chaney e la sua banda. E finalmente i fratelli Coen decidono di dedicarsi ad un western, dopo che si erano avvicinati al genere con Non è un paese per vecchi. E non ad un western qualsiasi, ma ad un classico del cinema americano, tratto da un romanzo di Charles Portis e già portato sul grande schermo da Henry Hathaway con John Wayne nel ruolo del protagonista. Però i fratelli prodigio non si accontentano di riproporre una storia già vista, ma come ci hanno abituato in precedenza (con Ladykillers ad esempio), la filtrano e la rileggono dal loro punto di vista. Abbandonate le trame complicate e i mille personaggi assurdi tipici della loro filmografia, questa volta i Coen si concentrano su una storia semplice, lineare e su pochi personaggi principali. Nonostante questo la sceneggiatura è intrigante e cattura lo spettatore e i protagonisti sono caratterizzati alla perfezione, memorabili nel loro realismo: Cogburn è cinico, ubriacone, ma conserva un senso dell'onore tutto suo e con il proseguire della storia scopriremo il suo lato più umano, Mattie è giovane ma decisa, pronta a tutto per vendicare il padre. Jeff Bridges interpreta magistralmente il ruolo del Grinta, con una naturalezza incredibile, come se fosse da sempre un cowboy con una benda su un occhio e il grilletto facile. Ma anche gli altri attori non sono da meno, a partire da una giovanissima ma talentuosa Hailee Steinfeld che regge la scena con Bridges per tutta la durata della pellicola, e un Matt Damon che si ritaglia il ruolo di un ranger non così infallibile come può sembrare. Persino Josh Brolin, che interpreta l'assassino e compare solo verso la fine del film, lascia il segno. Anche il comparto tecnico non delude: la regia è elegante e spesso cita i classici del genere, senza risultare invadente e lasciando parlare la storia; gli ambienti selezionati (e inquadrati) con cura ci mostrano un west arido, un mondo inospitale fatto di erba secca, alberi spogli, neve e cieli sconfinati, il tutto sottolineato da una fotografia che passa con disinvoltura da colori caldi e brucianti a tinte gelide e pallide, mantenendo comunque unico lo stile della pellicola. La colonna sonora epica che troviamo all'inizio cambia con il proseguire del film, diventando più pacata e soffusa, perfetta per far capire come la caccia all'uomo sia per Mattie un percorso di crescita personale, un modo per riflettere sul mondo e sulla società violenta che la circonda, e soprattutto sul passaggio dalla fanciullezza, l'età in cui si pensa che tutto sia possibile, alla maturità e alla conseguente comprensione di quanto in realtà sia diversa la vita. Persino il finale non è scontato come si può credere, in perfetto stile Coen. Bè ragazzi, io potrei continuare a scrivere per ore, dicendo tutto e il contrario di tutto, ma non avrebbe senso, mi sa che ve lo dovete proprio vedere.

VOTO: 8,5/10

Il Cattivo.



Scheda Tecnica
Titolo:
Il Grinta
Titolo originale:
True Grit
Regia:
Joel e Ethan Coen
Soggetto:
Charles Portis (romanzo)
Sceneggiatura:
Joel e Ethan Coen
Anno:
2010
Genere:
Drammatico, western
Interpreti Principali:
Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Hailee Steinfeld
Durata:
110 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Barton Fink - È Successo a Hollywood

Barton Fink è un giovane commediografo che dopo il successo teatrale di una sua opera viene assunto a Hollywood per scrivere un film sul wrestling. Stabilitosi in una camera di uno squallido hotel, Barton cercherà in ogni modo di scrivere la sceneggiatura, rimanendo però bloccato dalla mancanza di idee. Barton Fink - È Successo a Hollywood, quarta opera dei fratelli Coen, è un film che parla dell'arte e del ruolo dell'artista nella società contemporanea. Da una parte abbiamo Barton, giovane artista che vuole rappresentare i problemi della gente comune, ma che è troppo concentrato su se stesso per accorgersi di cosa accade attorno a lui, dall'altra i produttori cinematografici, ignoranti o noncuranti, che rappresentano l'industria che fagocita i talenti e li plasma a sua immagine e somiglianza, mettendo in primo piano il guadagno. Barton Fink è un film che lascia allo spettatore un vago senso di claustrofobia: gli ambienti sono quasi sempre interni, tra la camera d'albergo del protagonista, con la carta da parati che si stacca dai muri (quasi a voler rappresentare le certezze di Barton che progressivamente crollano) e il corridoio dell'hotel, e le poche volte in cui ci si ritrova all'aperto si vedono ambienti sontuosi o ampi (come la villa del produttore o il parco in cui Barton discute con il suo scrittore preferito), sottolineando il contrasto e aumentando il senso di chiusura dato dalla pellicola. I suoni (e i silenzi) svolgono un ruolo fondamentale, siano i gemiti provenienti dalle stanze vicine, il ronzio delle zanzare o i gorgoglii delle tubature, che salgono di volume e diventano tutti il rumore della macchina da scrivere di Barton, che continua a riscrivere incessantemente lo stesso incipit. Il mondo del protagonista inizia a disfarsi, psicologicamente e fisicamente, davanti ai suoi occhi e a quelli dello spettatore, fino ad un finale riflessivo e spiazzante. I Coen ci offrono un'opera profonda, che forse necessita di più visioni per essere colta in ogni suo aspetto, impreziosita da una regia perfetta, attenta ai piccoli particolari e ai dettagli, e dalle stupende interpretazioni di John Turturro e John Goodman. Uno delle migliori pellicole dei fratelli registi.

VOTO: 8,5/10

Il Cattivo.


Scheda Tecnica
Titolo:
Barton Fink - È Successo a Hollywood
Titolo originale:
Barton Fink
Regia:
Joel Coen
Sceneggiatura:
Joel Coen, Ethan Coen
Anno:
1991
Genere:
Drammatico
Interpreti Principali:
John Turturro, John Goodman, Judy Davis, Michael Lerner, Steve Buscemi
Durata:
116 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Il Concerto

Andreï Filipov da trent’anni è l’addetto alle pulizie del Bolshoi, teatro russo, la cui orchestra godeva di enorme fama. Ed è proprio Andreï che dirigeva quest’orchestra, ma che fu sospeso dal suo ruolo, venendo interrotto durante un concerto, per essersi opposto alle regole del regime comunista di Brežnev, e non aver cacciato i musicisti ebrei dalla sua orchestra. Trent’anni dopo, mentre fa il suo lavoro come uomo delle pulizie gli capita tra le mani la via per la rivalsa: un fax di un prestigioso teatro parigino che invita l’orchestra del Bolshoi ad un esibizione. Andreï decide di radunare tutti i musicisti che suonavano con lui per fingere di essere l’orchestra invitata e finire il concerto lasciato in sospeso trent’anni prima.
Ci sarebbero da dire tante altre cose riguardo alla trama, ma mi fermo qui sperando di stimolare la vostra curiosità a vedere questo film che, personalmente, ho trovato un piccolo capolavoro.
Radu Mihăileanu è un regista rumeno di origini ebraiche, che vive in Francia, e questi tre fattori influenzano fortemente le sue pellicole. Esattamente come in Train de vie, i protagonisti di questo film sono gli ebrei. Ma se nel film del ’98 quella del popolo ebraico era una fuga dalla persecuzione nazista, ne Il concerto, film del 2009, si parla più di rivalsa personale e collettiva, nei confronti di una dittatura comunista. Il tipo di narrazione è il medesimo: l’alternanza e, alle volte, la compresenza del comico e del drammatico; del grottesco e del profondo.
Gli argomenti trattati da Mihăileanu in questa pellicola sono molteplici e tutti ben approfonditi, grazie soprattutto ai diversi punti di vista che ci vengono forniti dal gran numero di personaggi, tutti estremamente caratterizzati. Ci sono svariate similitudini tra Il concerto e Train de vie; questo ci mostra la volontà del regista di raccontare il popolo ebraico, usando storie e metafore diverse.
A fare da collante a tutta la pellicola è sicuramente la musica, paragonata, o meglio sostituita, in uno dei momenti più intimi e alti del film, al comunismo, altro elemento portante della storia. All’apice della narrazione la composizione che da il titolo al film: Il concerto per violino e orchestra di Tchaikovsky.
Anche dal punto di vista tecnico siamo ad alti livelli: la fotografia di Laurent Dailland sostiene benissimo una regia pulita e leggera. La storia ci viene raccontata in modo lieve, quasi sottovoce, in contrasto alla sua profondità.
Come già detto, i personaggi di questa storia sono molti e molti sono i protagonisti, valorizzati da un’ottima interpretazione. Da annoverare sicuramente Aleksei Goskov, nel ruolo del direttore d’orchestra; Dimitri Nazarov, nei panni di Sasha, figura ingombrante e alle volte sguaiata, violoncellista e grande amico di Andreï; ed infine Mélanie Laurent che interpreta Anne-Marie Jacquet, l’affascinante violinista a cui girerà intorno parte della storia; un piccolo ruolo ma quasi sempre presente è affidato anche a Lionel Abelanski, che in Train de vie interpretava Shlomo.
Unica pecca del film, sono alcuni problemi dovuti alla difficoltà di doppiare solo in italiano due lingue distinte, il Russo e il Francese, che convivono nel film; problemi che in lingua originale, ovviamente, non si pongono.
Vincitore di svariati premi, Il concerto è un film che sicuramente toccherà determinate corde allo spettatore che vorrà lasciarsi coinvolgere.

VOTO: 9/10

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
Il concerto
Titolo originale:
Le concert
Regia:
Radu Mihăileanu
Soggetto:
Radu Mihăileanu
Sceneggiatura:
Radu Mihăileanu, Alain-Michel Blanc, Matthew Robbins
Anno:
2009
Genere:
Commedia, drammatico
Interpreti Principali:
Aleksei Guskov, Mélanie Laurent, Dmitri Nazarov, Valeriy Barinov, Miou-Miou
Durata:
119 min
Nazionalità:
Francia, Italia, Romania, Belgio, Russia
Colore:
Colore

Se Mi Lasci Ti Cancello

"Pensieri sparsi, per il giorno di San Valentino 2004. Oggi è una festa inventata dai fabbricanti di cartoline d'auguri per fare sentire di merda le persone."

Dopo un intensa relazione, Joel e Clementine si lasciano. L'impulsiva ragazza decide quindi di rivolgersi alla Lacuna Inc., una clinica specializzata nella cancellazione della memoria per poter dimenticare l'ormai ex fidanzato. Anche Joel a questo punto vorrà sottoporsi alla stessa procedura, ma dopo aver cambiato idea cercherà di salvare ad ogni costo almeno qualche ricordo della ragazza. Con un orribile titolo italiano che sminuisce completamente tutta l'opera dando l'impressione che si tratti di un'allegra commediola americana, Eternal Sunshine of the Spotless Mind (che per la cronaca è un verso tratto da un'opera di Alexander Pope) è un film poco conosciuto o snobbato dai più. Grosso errore, dico io. Questa pellicola è una delle migliori degli ultimi anni, intellettuale ma fortemente emotiva, raffinata ma comprensibile da tutti. La storia d'amore tra Joel e Clem è una storia d'amore vera, realistica: il sentimento tra i due all'inizio è forte, ma con il passare del tempo le cose si incrinano come succede per tutte le coppie. Niente elementi idealizzati o esagerati tipici degli amori cinematografici, ma un rapporto concreto in cui è facile rispecchiarsi. I due protagonisti sono impersonati da due straordinari attori: un Jim Carrey che si stacca definitivamente dall'immagine di semplice attore comico fornendo una prestazione eccezionale, e non è da meno Kate Winslet, che entra perfettamente nei panni di una ragazza comune, lontana dallo stereotipo di bellezza che l'ha resa famosa (non sembra nemmeno lei!). Anche le storie secondarie e i rispettivi personaggi non sono stati lasciati a sé stessi, ma si intrecciano in modo credibile e intelligente nonostante il tempo a loro dedicato sia minore rispetto a quello lasciato alla trama principale. Dal punto di vista tecnico siamo di fronte ad un uso geniale di tutti i mezzi forniti dall'arte cinematografica: riprese e montaggio fortemente comunicativi, con particolari scelte visive come l'inserimento di immagini sfocate, mosse o stacchi velocissimi e spiazzanti, luci forti e improvvise che inquadrano i soggetti lasciando in ombra altri elementi, colori che dominano intere sequenze, effetti speciali quasi inquietanti ma non invasivi (stupende le scene della libreria in cui i libri diventano bianchi man mano che i ricordi si cancellano e dello sfondo che crolla attorno ai protagonisti), e nemmeno l'audio viene dimenticato, con suoni che si integrano con la colonna sonora e che iniziano in una scena e proseguono nella successiva, collegandole. Ogni elemento è al suo posto, creando un'opera completa e stratificata, fantasiosa ma tangibile nella sua concretezza, quasi un'esperienza che si vive da dentro e non solo come spettatore, grazie anche al forte coinvolgimento emotivo che riesce a dare. Niente è lasciato al caso, e sono sicuro che Eternal Sunshine of the Spotless Mind sarà un film che rimarrà nella vostra testa per molto tempo. A meno che non vi rivolgiate alla Lacuna Inc.
VOTO: 9/10

Il Cattivo.


Scheda Tecnica
Titolo:
Se mi Lasci ti Cancello
Titolo originale:
Eternal Sunshine of the Spotless Mind
Regia:
Michel Gondry
Soggetto:
Charlie Kaufman, Michel Gondry, Pierre Bismuth
Sceneggiatura:
Charlie Kaufman
Anno:
2004
Genere:
Commedia drammatica, fantastico, romantico
Interpreti Principali:
Jim Carrey, Kate Winslet, Tom Wilkinson, Mark Ruffalo, Elijah Wood, Kirsten Dunst
Durata:
108 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

I Figli degli Uomini

Siamo a Londra, nel 2027. La situazione è drammatica: ovunque regnano caos, ribellione e guerriglie; la persecuzione nei confronti degli immigrati è tra le più tremende. Inoltre, l’infertilità che da 18 anni colpisce la popolazione umana, ha fatto della Terra un pianeta popolato principalmente da una specie in via d’estinzione. Theo, ex attivista politico, ora giornalista che non s’interessa più di tanto alla situazione globale, ma passa le giornate bevendo e fumando, viene ingaggiato da un gruppo di ribelli, capitanati dalla sua ex compagna, per ottenere un lasciapassare per un’immigrata di nome Kee.
I figli degli uomini, uscito nel 2006, è diretto da Alfonso Quarón, la trama invece è tratta dall’omonimo romanzo di Phyllis Dorothy James.
La pellicola è girata quasi totalmente con una telecamera a mano, o che comunque così sembra, con una ripresa piuttosto tremolante. Lo scopo di questa scelta registica è quello di dare una certa plausibilità al film, facendolo diventare, in alcune scene, quasi un documentario. La regia di Quarón è tutt’altro che empatica, anzi, una fotografia fredda ed una ripresa piuttosto distaccata rendono il film un quadro che più che coinvolgere lo spettatore emotivamente, lo coinvolgono fisicamente, come se fossimo noi a seguire il protagonista durante tutto il film, ed ogni tanto il nostro sguardo (attraverso la camera) si distrae a guardare ciò che ci circonda.
A livello di cast, il film è retto quasi interamente da Clive Owen, nei panni del protagonista, forse spesso mono espressivo, ma comunque all'altezza; una figura che non compare spesso, ma che sembra dare un forte appoggio al protagonista è quella di Michael Caine, che interpreta Jasper, un ex hippie, ora eremita; a completare il cast Julianne Moore, Pam Ferris e Clare-Hope Ashitey.
Una nota va alla colonna sonora, che conta nomi come Deep Purple, King Crimson, John Lennon ed il nostro Franco Battiato, in una cover di Ruby Tuesday dei Rolling Stones. Obbligatorio, infine, menzionare l’omaggio del regista alla copertina di Animals dei Pink Floyd.

VOTO: 7/10

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
I Figli degli Uomini
Titolo originale:
Children of Men
Regia:
Alfonso Quarón
Soggetto:
Phyllis Dorothy James (romanzo)
Sceneggiatura:
Alfonso Cuarón, Timothy J. Sexton, David Arata, Mark Fergus, Hawk Ostby
Anno:
2006
Genere:
Avventura, fantascienza, thriller
Interpreti Principali:
Clive Owen, Michael Caine, Julianne Moore, Pam Ferris, Clare-Hope Ashitey
Durata:
109 min
Nazionalità:
USA, Regno unito
Colore:
Colore

Crocevia della Morte

Siamo nell'America degli anni trenta, Tommy è il braccio destro di un boss della mafia irlandese che, innamorato di Verna, decide di proteggere ad ogni costo il fratello di lei, un bookmaker truffatore, scatenando una guerra con la mafia italiana. Terzo film dei Coen, Crocevia della Morte si presenta come un gangster movie permeato dalle atmosfere noir tipiche dei fratelli registi. Tom è il tradizionale gangster freddo ma corretto, con la battuta sarcastica sempre pronta, Verna è la femme fatale, gli ambienti sono quelli che ci si aspetta da una pellicola del genere, sottolineati da colori autunnali e smorti, ed è proprio questo il problema. Per essere un film dei Coen, Crocevia della Morte è un po' troppo classico, niente più che un gangster movie con qualche guizzo di genialità qua e là: si nota l'interesse per la violenza e la bizzarria della morte (il cadavere del sicario a cui rubano il parrucchino viene citato in continuazione), per gli intrecci e i doppi giochi che rendono la trama più complicata e poco altro. Le interpretazioni degli attori sono nella norma, spicca maggiormente quella del boss irlandese, forse grazie anche ad una buona caratterizzazione del personaggio in fase di scrittura, ma per il resto niente di memorabile. Nonostante ciò il film si lascia guardare, grazie soprattutto agli interessanti sviluppi della storia e ad un'ottima regia (ovviamente, da quel punto di vista non si rimane mai delusi con dei registi così) e dopo tutti questi anni la pellicola risulta un gradino fondamentale dello sviluppo artistico dei Coen.
Guardatelo se siete fan della coppia di registi o dei film di gangster in generale.
VOTO: 6,5/10

Il Cattivo.


Scheda Tecnica
Titolo:
Crocevia della Morte
Titolo originale:
Miller's Crossing
Regia:
Joel Coen (Ethan Coen non accreditato)
Soggetto:
Dashiell Hammett (Romanzi) (non accreditato)
Sceneggiatura:
Joel Coen, Ethan Coen
Anno:
1990
Genere:
Noir, drammatico, thriller
Interpreti Principali:
Gabriel Byrne, Marcia Gay Harden, John Turturro, Jon Polito
Durata:
115 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Tron; Tron - Legacy

Tron

Kevin Flynn è un giovane programmatore di software a cui la Encom, società per cui lavorava, ha sottratto dei progetti per dei videogiochi da lui creati. Con l'aiuto di Alan e Lora, due amici che lavorano all'interno dell'azienda, Flynn cerca di introdursi nell'edificio per trovare delle prove a suo favore. Ma il programma che controlla la società, chiamato Master Control, per fermarlo lo colpisce con un laser che digitalizza e trasporta i suoi bersagli all'interno della rete computerizzata. Lì il nostro eroe dovrà combattere la tirannia di Master Control, ormai padrone assoluto del mondo digitale. Tra i primi film a trattare il tema del cyberspazio, Tron ha segnato fortemente l'immaginario collettivo. I paesaggi virtuali, i vestiti e gli accessori sono tutti studiati per rendere l'idea di un mondo elaborato al computer. Inizialmente le sequenze create totalmente in computer grafica danno una sensazione di vecchio e poco lavorato, ma appena si entra del tutto nel mondo di Tron ci si dimentica di essere di fronte ad un film girato negli anni 80. L'uso di effetti psichedelici, di scenari bui e fasci di luce colorati, di vestiti che sembrano costruiti con circuiti luminosi e di mille altre trovate coinvolge pienamente lo spettatore e lo proietta in questo mondo fantastico. Quello che non coinvolge molto è la trama, non perché la storia sia brutta o poco originale, ma per il modo in cui è sviluppata: spesso è lasciato troppo spazio alle sequenze in animazione computerizzata (probabilmente per far sfoggio di effetti speciali all'avanguardia per l'epoca), i dialoghi sono brevi e poco incisivi e non tutti gli attori sono convintissimi di quello che fanno. L'attenzione dello spettatore non appassionato di videogiochi e tecnologia e indispettito dagli effetti anni 80 calerà quindi abbastanza presto. Nonostante mi aspettassi di più da un film cult, Tron mi ha dato un'impressione positiva, grazie a sequenze epiche (la sfida con le moto virtuali, la lotta con i dischi) e soprattutto alla creazione di un mondo studiato nei minimi dettagli e ricordato ancora oggi (e non è poco!). Merita sicuramente più di una visione.

VOTO: 7/10

Il Cattivo.


Scheda Tecnica
Titolo:
Tron
Regia:
Steven Lisberger
Sceneggiatura:
Steven Lisberger
Anno:
1982
Genere:
Fantascienza
Interpreti Principali:
Jeff Bridges, Bruce Boxleitner, David Warner, Cindy Morgan
Durata:
96 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore



Tron - Legacy

“Oh ciao! Senti, oggi mi sono rivisto Tron… sai cosa? Secondo me quelle moto lì in 3D sarebbero veramente fighe! Ma sì, te lo dico io! Basta aggiungere un po’ di femminame vario, un po’ di effetti speciali e vedrai che facciamo i soldi a palate! Chiama Bridges, senti se ha un paio di settimane libere…”
Ecco com’è che dev’essere andata la telefonata tra i produttori di Tron – Legacy per dare la via al progetto.
1989, Kevin Flynn, creatore di videogiochi e presidente della società informatica Encom, sparisce nel nulla lasciando il figlio Sam alla custodia dei nonni. Anni dopo, grazie alla parole di Alan, amico di vecchia data di Kevin, Sam decide di ritrovarlo; finirà nel mondo della rete, riprogettato nel corso degli anni dal padre. Arrivato nella rete scoprirà il motivo per cui il padre non ha fatto più ritorno a casa... qualcosa, nel lontano ’89, è andato storto.
Complessivamente la trama non è molto diversa da quella del primo Tron, datato 1982; la sceneggiatura invece… è decisamente peggio. Un’evoluzione che aderisce pienamente alle regole secondo le quali se il film è pieno di effetti speciali in 3D allora la trama può anche essere tenuta come fattore secondario.
Per dirla tutta il film io l’ho visto nelle canoniche due dimensioni, ma dalla regia mi dicono, testuali parole, il 3D non lo si nota neanche (grazie Cattivo). Esattamente come nel Tron dell’82, ci troviamo davanti ad un prodotto che potrebbe essere, non dico il film del secolo, ma comunque qualcosa di discreto se solo ci si fosse spremuti un po’ di più le meningi per approfondire la trama e l’intreccio. Anche a livello di regia, la direzione di Joseph Kosinski non raggiunge momenti degni di nota.
Si salvano giusto alcune delle scenografie e la colonna sonora dei Daft Punk… e Olivia Wilde, toh! Per il resto – dalla recitazione di un protagonista senza sfaccettature ed un Jeff Bridges al minimo degli sforzi, alla spettacolarità obbligatoria che si risolve in odiosi clichè – è quasi tutto da buttare!
Inoltre sono palesi le citaz… le scopiazzature da altri film come Il Signore degli Anelli o Matrix, anche se forse, nel caso di Matrix si può parlare di “vendetta” essendo la pellicola dei Wachowski una grossa citazione di Tron.

VOTO: 5,5/10

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
Tron – Legacy
Titolo originale:
Tron: Legacy
Regia:
Joeseph Kosinski
Sceneggiatura:
Edward Kitsis, Adam Horowitz
Anno:
2010
Genere:
Azione, fantascienza
Interpreti Principali:
Garrett hedlund, Jeff Bridges, Olivia Wilde
Durata:
127 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Qualunquemente

Dopo 4 anni di latitanza, Cetto La Qualunque torna in Calabria, dove alcuni amici malavitosi lo aspettano per spingerlo a diventare sindaco del loro paese, per ostacolare De Santis, un altro candidato che minaccia di schierarsi a favore della legge e minare quindi la libertà di coloro che sguazzano nell’illegalità.
Antonio Albanese porta sul grande schermo uno dei suoi personaggi più recenti. In Qualunquemente, il malavitoso calabrese passa dai 5 minuti di monologo in TV all’ora e mezza di opera cinematografica, diretta discretamente da Giulio Manfredonia.
Il film si divide sostanzialmente in due parti: una prima metà più comica ed una seconda metà, diciamo così, tragica. La divisione non è comunque troppo netta, anche se il cambio di atmosfera è molto più evidente. Nella seconda parte del film, difatti, si palesa sempre di più la denuncia dell’opera nei confronti del nostro Paese: mafia, corruzione, inganni e immoralità. Nella figura di Cetto possiamo ritrovare molte figure politiche maggiori o minori che governano l’Italia, anche se la maggior parte dei richiami è dedicata ad un “onorevole” in particolare.
Che il film non sia stato girato solo per far ridere lo si può vedere anche da una certa accuratezza nella regia e nella fotografia, così come nella sceneggiatura. Nonostante la volgarità, a volte evitabile, la componente comica c’è, a tratti anche forte, ma c’è sempre un lato amaro di tutta la faccenda, tanto che mi sono chiesto come alcune persone, tra quelle che erano in sala, potessero accennare ad un balletto sulla musica dei titoli di coda… io, personalmente, ero agghiacciato.
I personaggi sono tanti e tutti ben caratterizzati. Ovviamente però il film è fatto in modo da reggersi su Antonio Albanese che offre un’interpretazione ottima per quella che deve essere l’atmosfera della pellicola. Interessante anche la parte del consulente politico, affidata a Sergio Rubini, barese che si finge di Milano ma che ogni tanto sbotta e tira fuori un dialetto tutt’altro che padano.
Come già detto, Qualunquemente è un film che fa ridere, ma va oltre la semplice satira. I messaggi di accusa non sono affatto impliciti, ma anzi svelati completamente ed atti a denunciare l’andamento sempre più misero della nostra penisola. E se vi aspettate un lieto fine… beh, guardatevi intorno.

VOTO: 7/10

Il Buono

Scheda tecnica
Titolo:
Qualunquemente
Regia:
Giulio Manfredonia
Soggetto:
Antonio Albanese, Piero Guerrera
Sceneggiatura:
Antonio Albanese, Piero Guerrera
Anno:
2011
Genere:
Commedia
Interpreti Principali:
Antonio Albanese, Sergio Rubini, Lorenza Indovina, Nicola Rignanese
Durata:
96 min
Nazionalità:
Italia
Colore:
Colore

Immaturi

In seguito ad una commissione non idonea per lo svolgimento degli esami di maturità, (nella fattispecie un esaminatore che in realtà non era laureato) una classe intera deve nuovamente sostenere l'esame. Piccola postilla: sono passati vent'anni dalla prima volta.
Fra lo sconcerto inziale, alcuni di loro per farsi coraggio e provare a rimettere insieme i vaghi ricordi che hanno, decidono di rincontrarsi per provare a studiare insieme.
Questo è il mezzo attraverso cui uomini e donne ormai non più ragazzini fanno un tuffo nel passato e attraverso i ricordi e le situazioni riscoprono loro stessi. Sin da subito viene alternata le vite personale di ogni personaggio con i momenti di convivialità tutti insieme. Procedendo verso la parte centrale del film vediamo come questi due blocchi di situazioni siano sempre più distinti. Da una parte l'insicurezza dell'oggi, della realtà di cui fanno parte, dall'altra l'allegra nostalgia dei tempi spensierati. Fino al culmine in cui i personaggi tornano tutti insieme in una casa di fronte al mare per fare il ripassone finale, dove avvengono le svolte interiori di ognuno di loro.
Il film per quanto spensierato e leggero solleva all'attenzione dello spettatore molte questioni “filosofiche”. Non è a caso che la classe che deve ripetere l'esame fa parte di un liceo classico. Viene affrontato il tema dell'amicizia e dell'amore ma i personaggi si pongono spesso anche domande sulla loro vita, su come erano e su come sono, su cosa sia realmente importante e cosa invece è ora di abbandonare.
I temi sollevati sono importanti, un po' meno interessante è il modo in cui si sviluppano questi temi, manca una certa praticità al film. La dimensione realistica su cui sono appoggiati questi concetti manca di incisività. C'è una sorta di prevedibilità, tutto il film è creato quasi in maniera troppo precisa, non c'è spazio per una riflessione profonda che porta ad una indecisione nei personaggi.
Per quanto riguarda attori, colonna sonora e sceneggiatura sono tutte buone e soprattutto ben armonizzate fra loro creando una miscela sensitiva molto equilibrata.
In definitiva una commedia italiana un po' diversa dal solito che, seppur con delle imperfezioni, riesce a dare qualcosa di positivo allo spettatore.

Voto: 7/10

Il Brutto

Scheda tecnica
Titolo:
Immaturi
Regia:
Paolo Genovese
Sceneggiatura:
Paolo Genovese
Anno:
2011
Genere:
Commedia
Interpreti Principali:
Raoul Bova, Ambra Angiolini, Barbora Bobulova, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Ricky Memphis
Durata:
108 min
Nazionalità:
Italia
Colore:
Colore

RIAPRONO I BATTENTI!

Gentili lettori, gentili lettrici,
Ci scusiamo per questi giorni di ritardo, seppur molto pochi, con cui ci siamo ripresentati sui vostri monitor!
Ma ne è valsa la pena, viste tutte queste novità che sono apparse su questo sito, in occasione dell’anno nuovo e, udite udite, del nostro primo compleanno, il 29 gennaio appena passato.
Le novità, dicevamo, sono tante! A partire dall’url che è tutto nostro e che vedete lì in altro, che risponde al nome di www.cattivobruttobuono.net. Poi, oltre alla sessione centrale del sito, quella dove pubblichiamo le nostre recensioni, abbiamo due nuove paginette fresche fresche: in una potete conoscerci un po’ di più (sempre che non abbiate di meglio da fare) e nell’altra potrete partecipare a dei quiz mensili… quando ce ne saranno!
Insomma, direi che come ritorno in grande stile ci siamo!!! Presto, prestissimo, nuove recensioni!
Buon proseguimento.

Il Buono, il Brutto e il Cattivo!