Source Code

MyMovies dava la possibilità di vedersi questo film in anteprima. Gratis. Perché non approfittarne?

Ero molto scettico quando ho visto il trailer di questo film; ma non mi ero accorto che la regia fosse di Duncan Jones, cosa che mi ha spinto ad andare a vederlo, visto che Moon, prima pellicola del regista inglese, mi aveva particolarmente colpito.
Chicago, un futuro più o meno prossimo. Un giovane capitano dell’esercito americano si ritrova in un esperimento governativo, chiamato Source Code, nel quale, grazie ad una particolare capsula, è possibile rivivere gli ultimi 8 minuti della vita di una persona. Viene così “trapiantato” nel corpo di un uomo che era su un treno fatto saltare da una bomba; la sua missione è quella di scoprire chi è l’attentatore prima che compia un’altra annunciata catastrofe.
Detta così, può sembrare un’americanata col Rambo di turno, sparatorie ovunque e esplosioni ogni mezzo minuto. Invece Jones, su uno script di Ben Ripley – e sulla falsariga di film come Deja Vu o Sliding Doors – mette su un film che risulta piuttosto interessante.
In Source code c’è un po’ di tutto: la fantascienza, il thriller, l’azione, la psicologia e l’amore.
Fortunatamente non hanno usato il pretesto del giovane soldato per fare la solita paternale sulla guerra. Anzi, c’è una bella svolta dal punto di vista… razziale.
È vero, non siamo davanti ad un film che brulica di plausibilità, ma se le premesse sono quelle della finzione pura, perché preoccuparsi del “questo è possibile, questo no”? Ci sono giusto un paio di punti che lasciano leggermente perplessi, ma che comunque non vanno ad intaccare quello che, secondo me, è un film ben riuscito.
Forse il suo predecessore, vuoi per le atmosfere lunari, vuoi per il fattore psicologico, era più d’impatto, grazie anche ad una forte componente visiva che forse qui viene a mancare un po’.
Ottimo lavoro anche per l’attore Jake Gyllenhaal, su cui il ruolo del protagonista riesce a reggersi benissimo.
Cosa faresti se sapessi che ti resta da vivere solo un minuto?

VOTO: 7/10

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
Source Code
Regia:
Duncan Jones
Sceneggiatura:
Ben Ripley
Anno:
2011
Genere:
Fantascienza, thriller
Interpreti Principali:
Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Jeffrey Wright
Durata:
93 min
Nazionalità:
USA, Francia
Colore:
Colore

Habemus Papam

Devo ammettere che non è affatto facile parlare di un film così. È vero che non è facile parlare dei film di Nanni Moretti, in generale, ma stavolta la cosa si fa impegnativa.
L’ultima opera del regista romano ci racconta la storia di un cardinale che, appena eletto Papa, sente di non poter sostenere un incarico così grande. Preso da una forte disperazione, riuscirà a “evadere” dal Vaticano per mischiarsi alla normale vita romana, dove nessuno lo conosce, mentre nella Santa Sede, uno psicoanalista chiamato per risollevare l’animo del nuovo pontefice e rimasto “prigioniero” negli alloggi vaticani, organizza tornei di pallavolo per far svagare (leggi: svecchiare) i cardinali.
Habemus Papam è un film completo, in quanto bilanciato in ogni sua caratteristica. È un film leggero, ma al contempo imponente. È un film complesso ma anche molto semplice. È un film di Nanni Moretti, come non è un film di Nanni Moretti: la mano del regista è palese, alcuni passaggi ricordano addirittura momenti di Bianca o La messa è finita, però in quest’opera c’è qualcosa di diverso. C’è lo stesso tipo di ironia leggera, che fa ridacchiare, più che ridere, ma c’è anche molta più introspezione, molta più poesia. Moretti confeziona una pellicola con dei forti contrasti che però riescono ad adagiarsi bene l’uno con l’altro – anche dal punto di vista visivo, grazie ad una fotografia talvolta davvero splendida.
È vero, una critica (oggettiva?) all’istituzione cattolica c’è, ma è evidente che il regista romano non è andato a toccare il Papa per buttare fango sulla Chiesa, ma per dire ad alta voce che siamo tutti uomini, che siamo tutti uguali. Non è certo un incarico così alto a cancellare la nostra umanità, le nostre debolezze. Anche l’enorme facciata del palazzo da cui si affaccia il capo della Chiesa Cattolica, infondo, contiene solo degli uomini, per niente diversi da quelli che sono fuori. Tant’è che attraverso l’occhio di Moretti, i cardinali ci sembrano dei ragazzini, forse un po’ viziati, ai quali l’abito talare è caduto addosso per sbaglio.
Proprio come ne Il Caimano, anche stavolta il regista rinuncia al ruolo di protagonista assoluto, per lasciare il posto ad uno straordinario Michel Piccoli. Lo stesso Moretti non è così forte, irriverente e volutamente irritante come al solito, ma rimane pacato, appoggiato perfettamente ai toni dell’intera pellicola.
Come ho già detto, il messaggio che il film vuole lanciare è evidente: anche il Papa è un uomo, e come uomo ha le sue debolezze. È nell’ultima scena che la pellicola ci pone l’interrogativo più grande. Può un organismo così longevo, così tradizionalista, riuscire a cambiare, ad ammettere le proprie colpe?

VOTO: 8/10

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
Habemus Papam
Regia:
Nanni Moretti
Sceneggiatura:
Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli
Anno:
2011
Genere:
Drammatico
Interpreti Principali:
Michel Piccoli, Nanni Moretti, Jertzi Stuhr, Margherita Bui, Renato Scarpa
Durata:
104 min
Nazionalità:
Italia, Francia
Colore:
Colore

Sukiyaki Western Django

Un pistolero solitario arriva in un villaggio diviso tra due clan, gli Heike (i Bianchi) e i Genji (i Rossi), impegnati nella ricerca di un tesoro nascosto. Ovviamente si inserirà tra i due contendenti per ricevere la sua parte di bottino, cercando nel frattempo di aiutare Heiachi, bambino nato da padre Rosso e madre Bianca. Se la storia vi sembra familiare, state tranquilli, è normale, dato che è la stessa di Per un Pugno di Dollari di Leone (e de La Sfida del Samurai di Kurosawa ancora prima). Solo che questa volta il regista è Takashi Miike, e chi lo conosce sa che non ci si può aspettare nulla di troppo comune da un suo film. Non ci troviamo di fronte ad un semplice western infatti, visto che l'ambientazione è un misto tra estetica giapponese e occidentale, tra katane e pistole, arti marziali e cercatori d'oro, e gli attori sono tutti orientali. Già vedere un giapponese con vestiti a metà tra il cowboy e il samurai è qualcosa di inusuale, aggiungete pure il fatto che Miike ha fatto recitare tutti in inglese: dato che non è ancora stato doppiato in italiano aspettatevi un inglese stentato e quasi incomprensibile (ma molto divertente da sentire). Il regista pesca a piene mani tra spunti orientali e occidentali, citando ad esempio Django di Corbucci (la bara e la mitragliatrice), ma rimanendo riconoscibile, con esplosioni di violenza, sangue e epici duelli mortali. Non aspettatevi però una pellicola seriosa e fine a sé stessa, il divertimento c'è, sia per lo spettatore che per gli autori: basti vedere l'inizio, con un Quentin Tarantino davanti ad un fondale chiaramente finto, che recita nel ruolo di Piringo (citazione di Ringo, altro western italiano) in un inglese giapponesizzato (si, anche lui) e ci presenta la storia, con la telecamera che si tuffa nella sua ciotola di Sukiyaki, tipico piatto giapponese simile ai nostri spaghetti (noi abbiamo gli Spaghetti Western e loro i Sukiyaki Western, geniale no?). I personaggi sono uno più folle dell'altro, memorabili il capo dei Genji che vuole essere chiamato Henry dai suoi uomini, per ricordare l'Enrico VIII di Shakespeare, o lo sceriffo, che ha una doppia personalità e un potere molto particolare, che non svelo per non rovinare la sorpresa. La regia è ritmata e sempre studiata in modo da cogliere inquadrature che rapiscano lo sguardo, giocando con i colori (spesso molto caldi, o più smorti e sfocati per i flashback); la colonna sonora sottolinea bene la pellicola, a cui forse manca solo un tema musicale principale che si imponga sugli altri, com'era tipico nei western all'italiana. Le trovate spettacolari sono tantissime, magari poco realistiche, ma sempre divertenti, come anche le scene d'azione e le sparatorie. L'unico difetto è forse un'eccessiva durata, con qualche minuto in meno sarebbe stato più godibile. Sukiyaki Western Django è un omaggio spudorato (filtrato dall'ottica giapponese) e sentito ad un genere ormai dimenticato del cinema italiano, lo Spaghetti Western, e più in generale una dichiarazione d'amore che Takashi Miike fa al Cinema come arte e mezzo espressivo, ed è quindi un film che ogni appassionato dovrebbe vedere.
VOTO: 8/10

Il Cattivo.

Scheda Tecnica
Titolo:
Sukiyaki Western Django
Titolo originale:
スキヤキ・ウエスタン ジャンゴ
Sukiyaki Uesutan Jango
Regia:
Takashi Miike
Soggetto:
Masa Nakamura
Sceneggiatura:
Masa Nakamura, Takashi Miike
Anno:
2007
Genere:
Western
Interpreti Principali:
Hideaki Ito, Koichi Sato, Yusuke Iseya, Kaori Momoi
Durata:
120 min
Nazionalità:
Giappone
Colore:
Colore

L'Esplosivo Piano di Bazil

Un uomo sta cercando di disinnescare una mina quando essa esplode sotto di lui uccidendolo. Fra gli oggetti che vengono recapitati alla famiglia uno in particolare desta l'attenzione del bambino. Una foto con all'interno impresso lo stemma della casa produttrice di quell'arma.
Bazil, il bambino in questione cresce e trent'anni dopo ha trovato occupazione presso un video noleggio. Mentre guarda un film, sente degli spari, uno addirittura colpisce il vetro del negozio, ed esce a vedere. Un colpo accidentale lo colpisce in piena fronte. Bazil rimane miracolosamente in vita ma in seguito all'incidente perderà la casa e il lavoro ritrovandosi a vivere d'espedienti.
Va avanti alcuni giorni finchè non incontra "Ghiacciolo Placard", uno strano artista di strada che propone a Bazil di seguirlo in un luogo dove troverà una famiglia che lo adotterà. Questa famiglia altri non è che un insieme di pittoreschi personaggi, ognuno con le proprie stravaganti peculiarità. Bazil entrerà subito in sintonia col gruppo, ed essi lo aiuteranno nella sua rocambolesca impresa, di cui non vi svelo nulla.
Dopo pochi minuti dall'inizio del film si palesa subito l'intento ironico e pittoresco che tiene fra le braccia la trama. Jeunet inserisce in una tragica realtà fatta di armi, vagabondaggio e sottile abbandono un'atmosfera fantastica, farsesca. Ed è proprio questa miscela a rendere la visione interessante. Ci sono scene che strappano più di un sorriso, ma non è un film da crampi allo stomaco. C'è una cura nella ricerca degli sketch, nelle dinamiche di interazioni dei vari personaggi. Essi insieme danno vita ad un modo alternativo di società. Possono rappresentare, in modo simbolico (ovviamente forzato), un modo creativo e senza troppe preoccupazioni di affrontare la vita.
Questa visione fantastica si contrappone a quella realistica, che non tiene conto dell'umanità che ci contraddistingue, ma si volge ad un ottusa ricerca del proprio guadagno, del proprio potere. Anche questo aspetto viene rappresentato in maniera eccessiva, burlesca. Ad ogni modo il regista mi ha trasmesso di prendere la vita con un po' più di creatività, di leggerezza ricercando la mia umanità.
Bazil è stato interpretato molto bene da Dany Boon, già collaudato come attore principale in una parte simile in Giù al nord (di cui era anche regista), da cui è stato tratto (con qualche perdita) l'italiano Benvenuti al sud.
Jeunet ci presenta un film estroso, non memorabile ma che strappa qualche risata e risveglia la nostra fantasia in mezzo ad un mondo troppo realistico.
VOTO: 6.5/10

Il brutto

Scheda tecnica
Titolo:
L'esplosivo piano di Bazil
Titolo originale:
Micmacs à tire-larigot
Regia:
Jean-Pierre Jeunet
Soggetto:
Jean-Pierre Jeunet, Guillaume Laurent
Sceneggiatura:
Jean-Pierre Jeunet, Guillaume Laurent
Anno:
2009
Genere:
Commedia
Interpreti Principali:
Danny Boon, Andrè Dussollier, Nicolas Marié
Durata:
105 min
Nazionalità:
Francia
Colore:
Colore

Boris - Il Film

Dopo aver abbandonato il mondo delle soap opera televisive, il regista Renè Ferretti (un grande Francesco Pannofino) si trova tra le mani la possibilità di dirigere un film tratto dal libro La Casta. Il nuovo team di collaboratori si rivelerà però ingestibile e Renè dovrà ricorrere all'aiuto del gruppo di simpatici cialtroni con cui ha sempre lavorato sui set televisivi. Tratto dalla fortunata serie tv omonima, Boris - Il Film (Boris è il nome del pesce rosso che Renè porta sempre con sè sul set) riprende da essa tutto il cast di personaggi e lo stile generale, il tutto con ottimi risultati. Il cambiamento principale è l'obiettivo della satira che ci viene presentata: la serie prendeva in giro il mondo della tv, con le sue logiche di mercato, i suoi attori sbruffoni e produttori senza scrupoli, mentre il film non lascia scampo al mondo del cinema. Il denominatore comune è l'Italia, un paese dove ad un film che denuncia la corruzione politica verrà preferito un cinepanettone, e sono proprio i cinepanettoni che vengono bersagliati in ogni modo lungo tutta la durata della pellicola. Con Boris - Il Film si ride, che si conosca la serie originale o no (magari chi l'ha seguita capirà meglio chi sono i personaggi, ovviamente), con una satira che è abbastanza mirata da far capire verso chi è rivolta, ma non troppo settoriale, in modo che possa essere capita da tutti. Gli autori hanno trovato il modo di inserire quasi tutti i personaggi che comparivano nella serie, citazioni, richiami e molto altro, raggiungendo il giusto equilibrio necessario per non creare confusione. Forse la storia si conclude in modo un po' affrettato, e le decisioni di Renè sono prese con troppa rapidità, ma è un difetto che si sente poco, dovuto probabilmente alla moltitudine di argomenti trattati e inseriti nella trama e alla differenza di tempi tra serie tv e film per il cinema. Boris - Il Film è quindi una pellicola divertente e riuscita, che trasporta con successo lo spirito del prodotto originale senza snaturarlo, e di questi tempi non è una cosa da dare per scontata.
VOTO: 7,5/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica
Titolo:
Boris - Il Film
Regia:
Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo
Soggetto:
Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo
Sceneggiatura:
Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo
Anno:
2011
Genere:
Commedia
Interpreti Principali:
Francesco Pannofino, Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti, Alessandro Tiberi
Durata:
108 min
Nazionalità:
Italia
Colore:
Colore

Kick-Ass

Dave Lizewski è un normale adolescente newyorchese appassionato di fumetti. Chiedendosi come mai nessuno nel mondo reale abbia mai provato a mascherarsi da supereroe e combattere il crimine, decide di mettersi in gioco in prima persona. Acquistata una muta da sub su internet inizia ad uscire di pattuglia per aiutare le persone in difficoltà. Dopo un inizio stentato, Kick-Ass (questo il suo nome di battaglia) diventa una celebrità in tutta la città, provocando la nascita di altri eroi in costume. Ovviamente Frank D'Amico, il boss della mafia locale, si ritroverà troppi bastoni tra le ruote e farà di tutto per fermare questi nuovi paladini. Kick-Ass si presenta fin da subito come un film supereroistico molto particolare, il protagonista infatti non è spinto dal desiderio di fare del bene o di portare giustizia nella società, ma solo dalla noia e dalla voglia di diventare qualcuno. Partendo da presupposti del genere si stravolge completamente la concezione di eroe mascherato che tutti noi abbiamo, mostrandone lati meno scontati e più interessanti. Perciò la pellicola funziona bene nei momenti in cui seguiamo l'evoluzione psicologica di Dave, il suo desiderio di rivalsa, le prime dolorose sconfitte e il successivo successo, ma da metà film circa, cioè da quando la storia svolta per seguire altri personaggi, si iniziano a perdere colpi. Si moltiplicano le scene d'azione (quasi tutte già viste nei vari trailer…) e addio studio delle psicologie. I protagonisti sono comunque tutti ben caratterizzati e si ritagliano la propria parte senza fatica, grazie anche agli attori, tutti adattissimi al proprio ruolo, fantastica in particolare Chloë Moretz nel ruolo di una Hit-Girl, una supereroina dodicenne, sboccata e violenta. Visivamente Kick-Ass assomiglia molto al fumetto da cui è tratto, con inquadrature prese di peso dalle pagine e riportate in modo certosino sul grande schermo, con tanto di didascalie. Altro particolare che si fa notare sono le scelte nell'uso dei colori, tutti vividi e luminosi, in molte scene sono presenti elementi rossi, verdi o gialli che risaltano rispetto al resto dell'ambiente richiamando proprio le colorazioni dei comic book americani. Kick-Ass è un film divertente e godibile, ma che non mi ha convinto del tutto, vuoi per la retorica della decostruzione del supereroe che arriva un po' fuori tempo massimo (e non solo per colpa delle distribuzione italiana che ci ha fatto aspettare un anno per poterlo vedere nelle sale), vuoi per qualche scelta non proprio azzeccatissima di sceneggiatura e di adattamento (traduttori e doppiatori non è che si siano impegnati molto…). Comunque una pellicola che spicca nell'affollato panorama di film di supereroi.
VOTO: 7/10

Il Cattivo

Scheda tecnica
Titolo:
Kick-Ass
Regia:
Matthew Vaughn
Soggetto:
Mark Millar (Fumetto)
Sceneggiatura:
Jane Goldman, Matthew Vaughn
Anno:
2010
Genere:
Azione, commedia, supereroi
Interpreti Principali:
Aaron Johnson, Nicolas Cage, Chloë Moretz, Christopher Mintz-Plasse
Durata:
117 min
Nazionalità:
USA, Regno Unito
Colore:
Colore

Il Pianeta delle Scimmie

Un’astronave viaggia per 18 mesi alla velocità della luce; 18 mesi che, per lo scorrere normale del tempo, sono 2100 anni. Precipitati su un pianeta sconosciuto, i tre membri sopravvissuti all’impatto, iniziano ad esplorare la zona alla ricerca della vita. Stanno quasi per rassegnarsi alla morte quando scoprono che il pianeta è abitato da esseri umani ad uno stadio assolutamente primitivo e da un’altra specie, che invece è civilizzata: le scimmie. Scimmie che stanno in posizione eretta, parlano (la lingua corrente degli astronauti), si vestono, abitano in case costruite e soprattutto, cacciano l’uomo come se fosse la specie animale. I tre si troveranno proprio in mezzo ad una di queste battute di caccia e solo uno sopravvivrà, trovandosi poi prigioniero della “razza superiore”.
Datato 1968 (stesso anno di uscita del caposaldo della fantascienza firmato Kubrick) e basato sull’omonimo romanzo di Pierre Boulle, Il pianeta delle scimmie è un film interessante dal punto di vista dei contenuti e del messaggio, ma a livello registico sembra girato da due persone diverse. Talvolta Franklin Shaffner dirige l’opera con una certa abilità e coerenza, altre volte invece si lascia andare in zoomate che hanno dello spietato o in inquadrature e/o movimenti di macchine nei quali è difficile trovare un senso.
Anche nella trama ci sono delle falle che non trovano una giustificazione neanche nel finale “a sorpresa”. È vero che stiamo parlando di fantascienza, ma alcune cose non stanno davvero in piedi. Una su tutte: chi ha visto il film si sarà chiesto come le scimmie possano parlare inglese corrente – se può consolarvi nel libro di Boulle i primati parlano una loro lingua.
Un plauso va invece ai contenuti che sono principalmente l’eterna lotta tra scienza e religione e la cattiveria dell’essere umano. Temi non originali, ma affrontati, dallo sviluppo della trama, in modo tutt’altro che scontato, con svariati spunti ancora attualissimi.
La pellicola si regge sul celeberrimo attore Charlton Heston, protagonista indiscusso della storia, a volte dalla recitazione discutibile, se posso permettermi. Le altre figure non riescono a ricoprire un ruolo rilevante quanto quello del protagonista, un po’ anche a causa delle maschere da scimmia che sicuramente non aiutano l’espressività degli attori.
Il pianeta delle scimmie è un'opera che presenta delle gigantesche pecche in molte delle sue componenti, ma che si regge su un messaggio chiaro, affrontato in modo originale.

VOTO: 7,5/10

Il Buono

Scheda tecnica
Titolo:
Il pianeta delle scimmie
Titolo originale:
Planet of the apes
Regia:
Franklin J. Shaffner
Soggetto:
Pierre Boulle (romanzo)
Sceneggiatura:
Michael Wilson, Rod Serling
Anno:
1968
Genere:
Fantascienza
Interpreti Principali:
Charlton Heston, Roddy McDowall, Kim Hunter, Maurice Evans, Linda Harrison
Durata:
112 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore