Ferie invernali 2011-2012

Anche quest'anno è finito... e il Cattivo, il Brutto e il Buono si prendono un meritato riposo invernale. Il vostro sito di recensioni preferito non sappiamo quando tornerà a pubblicare, non sappiamo neanche se si sia fermato. Nel caso però che il vostro sito di recensioni preferito sia questo, allora riprenderà il 29 gennaio, giorno del nostro secondo compleanno (yuppidù)!
Vi aspettano nuove recensioni, nuove grafiche, nuovi quiz! A proposito di quiz... avete ancora tempo per rispondere a quello di questo mese! Visto che non potremo pubblicare le soluzioni fino al 3/4 gennaio, avete qualche giorno in più!!! Su!
Il Cattivo, il Brutto e il Buono vi augurano un buon 2012, nella speranza che possa essere sempre pieno di film degni di essere definiti tali.
A presto!

La Città Perduta / La Città dei Bambini Perduti

L’epoca in cui è ambientato questo film non è specificata. In quanto a scenografie ed oggettistica si può definire steampunk (quel filone fantascientifico che mischia scenari e tecnologie antiche con innovazioni moderne – come Wild wild west, per intenderci), con ambientazioni e atmosfere tipicamente francesi.
La trama è piuttosto intrecciata e pregna: una creatura super intelligente che invecchia troppo velocemente perché non riesce a sognare; un uomo forzuto ma un po’ ottuso che deve ritrovare il suo fratellino, rapito dai componenti di un’associazione criminale composta da non vedenti con occhi artificiali; palombari smemorati; due gemelle siamesi, attaccate per una gamba, che sfruttano degli orfanelli mandandoli a rubare in mezzo alla strada. Tutto questo in (quella che suppongo sia) una Francia squallida, fumosa e poco raccomandabile.
Marc Caro e Jean-Pierre Jeunet (quest’ultimo sicuramente più conosciuto per Il favoloso mondo di Amélie), coppia già rodata alla regia di alcuni corti e un film, danno vita ad una pellicola visionaria, cupa ma intrigante. I toni sono quelli che solitamente caratterizzano i film di Jeunet: colori caldi bilanciati da un verde spesso acidulo.
Ottima anche la fotografia di Darius Khondji che con primi piani, inquadrature inclinate e uso di obiettivi grandangolari riesce a rendere in modo sorprendente l’atmosfera piuttosto tetra del film.
La città perduta o La città dei bambini perduti (si trova con entrambi i titoli) è un film corale, ma, tra i vari protagonisti, quello che spicca di più è sicuramente il personaggio interpretato da Ron Perlman; tra gli altri attori, Daniel Emilfork e Dominique Pinon (presente nella maggior parte delle pellicole di Jeunet).
Un’opera che non si digerisce con facilità e, probabilmente, necessita di una seconda visione, non tanto per capire la trama intrecciata ma comunque semplice, quanto per entrare nelle atmosfere della città perduta.

VOTO: 7,5

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
La città perduta / La città dei bambini perduti
Titolo Originale:
La cité des enfants perdus
Regia:
Marc Caro, Jean-Pierre Jeunet
Sceneggiatura:
Marc Caro, Jean-Pierre Jeunet, Gilles Adrien
Anno:
1995
Genere:
Avventura, commedia, drammatico, fantascienza
Interpreti Principali:
Ron Perlman, Daniel Emilfork, Judith Vittet, Dominique Pinon, Jean-Claude Dreyfus, Geneviève Brunet, Odile Mallet
Durata:
112 min
Nazionalità:
Francia, Germania, Spagna
Colore:
Colore

Sherlock Holmes - Gioco di Ombre

Dopo circa un anno dagli eventi del primo episodio il dottor Watson è in procinto di sposarsi con la bella Mary, quando l'amico Sherlock Holmes lo coinvolge in un nuovo caso: il professor Morarty, genio del crimine, sta cercando di scatenare una guerra tra le nazioni europee, e i nostri due protagonisti sono gli unici che possono trovare le prove necessarie per fermarlo. Dopo un primo capitolo tutto sommato divertente, Robert Downey Junior torna a interpretare il famoso detective nato dalla penna di Conan Doyle. Ma è veramente Sherlock Holmes il protagonista di questa pellicola o il suo nome potrebbe essere sostituito da qualsiasi altro personaggio d'azione? Se infatti nel primo film alcune caratteristiche di Holmes erano accentuate per renderlo più moderno e avvicinarlo al grande pubblico, qui viene trasformato del tutto in qualcosa che non c'entra nulla con la fonte originale. Le deduzioni logiche non si notano quasi più, sostituite da rapidissimi flash che sembrano più un superpotere che un lavoro sopraffino d'intelligenza, e la capacità di prevedere le mosse dell'avversario in combattimento (già abbastanza assurda di per sé, anche se divertente da vedere) viene portata alla massima esagerazione, facendo in modo che Sherlock possa sapere in anticipo quali armi useranno i malviventi che lo aggrediscono in un vicolo. Per tutta la durata del film Holmes non si ferma un attimo a pensare, correndo per tutta l'Europa in modo inconcludente, arrivando a qualche risultato sensato solo verso il finale. Ma nel percorso che ci porta alla conclusione ci tocca assistere a combattimenti su un treno in corsa degni di uno spy movie, ferocissimi soldati tedeschi (mancavano le uniformi naziste e la frusta e il protagonista avrebbe potuto chiamarsi Indiana Jones), indizi che, dato il montaggio forsennato, sarebbero comprensibili solo mettendo in pausa, e sparatorie lunghissime che sembrano prese di peso da un film di Rambo diretto da uno Zack Snyder sotto effetto di stupefacenti a cui hanno dato libertà assoluta nell'inserire parti al rallentatore (si capisce che ho trovato bruttissima e inutile la sequenza della sparatoria nella foresta? Se non si capisce ve lo dico chiaramente, l'ho trovata bruttissima e inutile). L'antagonista, definito "il Napoleone del crimine", viene sminuito parecchio, dato che lo scontro di menti geniali con il protagonista non ha mai luogo, lasciando spazio a battaglie fisiche, in una delle quali infilza di persona Holmes con un uncino da macellaio (ma non era l'uomo che agisce nell'ombra e non si sporca le mani?); ovviamente la mente geniale di Moriarty finirà per farsi fregare per colpa di una stupidaggine che neanche un bambino commetterebbe, ma va bè, non cerchiamo il senso in una pellicola del genere. Anche l'attore che lo interpreta non lascia particolarmente il segno, io avrei dato il ruolo a qualche nome più famoso, in modo da tenere seriamente testa allo strabordante Robert Downey Junior. Qualcosa si salva? Si, qualcosa si: la prima mezz'ora di film ricorda parecchio il primo capitolo come ritmo e stile, e funziona abbastanza bene. Poi gli attori che, nonostante i personaggi poco sviluppati, sono quasi tutti perfetti nel loro ruolo, in primis i due protagonisti (anche se mancano i bei battibecchi che erano uno dei punti forti del primo episodio), ma anche il nuovo arrivato Stephen Fry che interpreta il fratello del protagonista, Mycroft, a cui avrei dedicato un po' più di tempo. Le scene d'azione sono sempre ben orchestrate, a parte qualche evidente esagerazione di cui ho già parlato (sì, esatto, proprio la sparatoria nella foresta…), e le musiche accompagnano bene tutta l'avventura, specialmente quando diventano più frenetiche. Sherlock Holmes - Gioco di Ombre è un film poco riuscito, e se fosse uscito con un titolo e un attore protagonista diversi non avrebbe avuto molta visibilità. Provate a vederlo come semplice commedia d'azione, ma a me non ha convinto neanche così.
VOTO: 5/10

Il Cattivo.


Scheda Tecnica
Titolo:
Sherlock Holmes - Gioco di Ombre
Titolo Originale:
Sherlock Holmes: A Game Of Shadows
Regia:
Guy Ritchie
Soggetto:
Arthur Conan Doyle (personaggio), Lionel Wigram (graphic novel)
Sceneggiatura:
Kieran Mulroney, Michele Mulroney
Anno:
2011
Genere:
Giallo, azione, thriller, commedia
Interpreti Principali:
Robert Downey Jr., Jude Law, Noomi Rapace, Jared Harris
Durata:
128 min
Nazionalità:
Regno Unito, USA, Australia
Colore:
Colore

The Artist

Fuori dai circuiti dei multisala, in un bel cinemino ormai un po' dal sapore vintage proiettano per qualche giorno questo film. Ciò mi ha risparmiato l'eventuale sbattimento di fare almeno una sessantina di chilometri per andare a vederlo. Ci tenevo a guardarlo al cinema, ed avevo ragione. Elemento fondamentale per i film muti (si, è un film muto) è il luogo dove lo si vede. Una sala cinematografica è perfetta per questo scopo, essa riveste un ruolo importante nella narrazione, al di fuori della quale è più difficile apprezzare, in un mondo come il nostro, opere di questo genere. George Valentin è una attore cinematografico di film avventurosi molto affermato e acclamato da tutti. All'uscita dalla prima di un suo film, incontra o meglio scontra per caso una giovane donna sbarazzina, alla ricerca di notorietà. Siamo a cavallo fra gl'anni 20 e l'inizio degl'anni 30 e ad Hollywood è in corso un passaggio importante dal cinema muto verso il sonoro. George alla richiesta del suo regista (interpretato da John Goodman) di prendere in considerazione il futuro del sonoro, gli ride in faccia. Questo episodio sarà l'inizio del declino del famoso attore. Esattamente all'opposto, Peppy, la ragazza che aveva incontrato George per caso, inizia pian piano la sua ascesa al successo, grazie anche ad un espediente insegnatoli da George durante un loro fugace incontro. Quello che non manca al regista Hazanavicius è il coraggio. Scegliere di fare un film muto è una scommessa, soprattutto nei confronti di un contesto cinematografico sempre più improntato sugli effetti speciali a dispetto della storia. Molti hanno per l'appunto contrapposto l'era del 3D a un film così classico. Personalmente ritengo che l'importante sia avere una bella storia da raccontare. Se una storia è ben raccontata anche se realizzata con diverse tecniche, ha ragione d'essere. L'aspetto importante in questo contesto è proprio quello di riscoprire un modo di far cinema che si sta affievolendo, ma che secondo me, non deve essere abbandonato perchè può trasmetterci ancora molto. Il film non risulta un pezzo da museo, anzi fa divertire e fa riflettere, dimostra che già a quei tempi c'era il problema atavico fra esigenze commerciali e aspirazioni artistiche personali (da come si intravede anche nel titolo). Oculata ed azzeccata la scelta degli attori, specialmente Dujardin, i quali devono restituire con una mimica sopra le righe la mancanza di parole. Splendido anche il compagno inseparabile di Dujardin, un cane che è la ciliegina sulla torta per una pellicola così eterogenea.

Voto: 8/10

Il Brutto


Scheda Tecnica:
Titolo:
The Artist
Regia:
Michel Hazanavicius
Sceneggiatura:
Michel Hazanavicius
Anno:
2011
Genere:
Drammatico, Commedia
Interpreti Principali:
Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman
Durata:
100 min
Nazionalità:
Francia
Colore:
B/N

L'Armata delle Tenebre

Dopo le vicende narrate nel secondo episodio, Ash si ritrova catapultato nell'anno 1300, in pieno medioevo. Riconosciuto dagli uomini di re Arthur come l'eroe che sconfiggerà le forze del male, è costretto quindi ad andare alla ricerca del Necronomicon, il libro maledetto che ha liberato sulla Terra spiriti e demoni assetati di sangue. Con L'Armata delle Tenebre la trasformazione è completa: da La Casa, film horror, a La Casa 2, commedia horror, a questo terzo episodio che abbandona quasi del tutto le atmosfere spaventose per dedicarsi alla comicità. Ash diventa sempre più un personaggio da cartone animato, continuando a subirne di tutti i colori e aumentando la propria sbruffonaggine, che sfocia spesso nella stupidità, diventando nonostante questo sempre più epico, catturando l'attenzione con frasi da duro e combattendo orde di scheletri armati. La comicità slapstick la fa da padrone e spesso si sfocia nella demenzialità più assurda (i mini Ash, gli scheletri che fanno battute idiote), perdendo perciò l'atmosfera che si era creata nei due capitoli precedenti, abbandonando getti di sangue, arti posseduti e cose del genere. Il punto fermo che però riesce a rendere ugualmente valida la pellicola è il protagonista: se con il secondo episodio si aveva la nascita del personaggio, qui si ha lo sviluppo e l'evoluzione che lo porta ad essere come oggi lo conosciamo, sbruffone, dongiovanni, sfortunato ma che in un modo o nell'altro riesce a cavarsela in ogni situazione. Nonostante il cambio di stile, le disavventure che gli capitano lungo tutta la pellicola riescono comunque a divertire (se si ha un certo gusto per il trash ovviamente) anche se non raggiungono i livelli de La Casa 2. Il merito de L'Armata delle Tenebre va proprio nell'aver consacrato definitivamente il buon Bruce Campbell (addirittura nei titoli di testa si legge "Bruce Campbell vs L'Armata delle Tenebre", quasi come se l'attore interpretasse sé stesso) e nell'aver chiuso più o meno degnamente una trilogia memorabile e divertente come poche. Io comunque continuo a sperare in un quarto capitolo che, secondo quanto dice il regista Sam Raimi, sembra in programma da un po' di anni, ma che non è ancora stato realizzato.

VOTO: 7/10

P.S. L'Armata delle Tenebre originariamente aveva un finale alternativo, ma che è stato cambiato dalla produzione perché ritenuto troppo pessimista. Casualmente io lo considero migliore, dategli un'occhiata su Youtube.

Il Cattivo.


Scheda Tecnica
Titolo:
L'Armata delle Tenebre
Titolo Originale:
Army of Darkness
Regia:
Sam Raimi
Soggetto:
Sam Raimi, Ivan Raimi
Sceneggiatura:
Sam Raimi, Ivan Raimi
Anno:
1992
Genere:
Avventura, commedia, horror
Interpreti Principali:
Bruce Campbell, Embeth Davidtz, Ian Abercombie, Marcus Gilbert
Durata:
85 minuti (Final Cut), 96 minuti (Director's Cut)
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

The Road

Classico scenario post-apocalittico: un mondo arido, senza più colori, la natura che  muore e i sopravvissuti si radunando in bande spietate che mangiano altri sopravvissuti. Padre e figlio viaggiano attraverso un’America devastata da qualcosa che non ci viene descritto, per raggiungere la costa, cercando, tra le altre cose, di sopravvivere al freddo e ai “cattivi”.
La trama di The road, tratta dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy (che, per intendersi, è anche l’autore di Non è un paese per vecchi), non ha molto altro da raccontare: eccetto qualche flashback, non c’è da fare un grande sforzo per stare dietro agli avvenimenti. È la “semplice” storia di un padre consapevole del fatto che presto o tardi dovrà morire e, in un mondo dove non c’è più nulla di bello, cerca di trasmettere al figlio la bellezza interiore, pur cercando di temprarlo alla durezza delle circostanze.
Il potere di questo film è da ricercarsi nel come questa storia viene raccontata: la regia di John Hillcoat è curatissima, calcolata al millimetro, nell’incertezza del vagabondaggio dei due protagonisti; la fotografia di Javier Aguirresarobe rende la pellicola un capolavoro estetico: la maggior parte delle inquadrature si possono isolare dal film e risulterebbero delle opere fotografiche notevolissime.
Ottima prova per Viggo Mortensen che trasmette perfettamente la paura e il coraggio del suo personaggio; meno d’impatto è la figura del ragazzo, interpretato da  Kodi Smit-McPhee, credo per colpa di un doppiaggio un po’ sciapito e non per una cattiva prestazione del giovane attore; figura che appare poco ma che ha un ruolo importante è quella della madre che si scarifica per i due uomini, interpretata da Charlize Theron.
Un film “freddo” ma molto coinvolgente, The road, che presenta ottimamente la difficoltà di trasmettere dei valori ad un figlio, in una situazione più che avversa.

VOTO: 8/10

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
The Road
Regia:
John Hillcoat
Soggetto:
Cormac McKarthy
Sceneggiatura:
Joe Penhall
Anno:
2009
Genere:
Drammatico, thriller
Interpreti Principali:
Viggo Mortensen, Kodi Smit-McPhee, Charlize Theron, Robert Duvall
Durata:
111 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Il Lungo Addio

E' una notte come tante, un gatto particolarmente esigente si agita perchè ha fame. Il suo padrone, il detective privato Philip Marlowe, sembra tenerci veramente molto al suo gatto, tanto da andare a prendergli alle 3 di notte il suo cibo in scatola preferito (che è anche l'unico che mangia). Torna a casa con delle scatolette, ma dato che non sono quelle preferite del gatto, quest'ultimo non le tocca nemmeno. Intanto un amico di Marlowe si presenta alla porta, si chiama Terry Lennox, dice di avere litigato animatamente con la moglie e di voler fuggire in messico. Terry chiede a Marlowe se è disposto ad accompagnarlo fino al confine, Marlowe un po' stupito finisce per accettare. Il giorno seguente la polizia è a casa di Marlowe, alla ricerca di Terry che sembra aver assassinato la moglie ed essere fuggito in Messico. Marlowe non ci crede e di fronte agli interrogatori non rivela nulla della sera precedente. Dopo tre giorni di gattabuia la polizia lo rilascia. Marlowe non perde tempo e decide di prendere un nuovo caso in mano nello stesso complesso residenziale di Terry. Ben presto scopre che questo caso è legato al caso di Terry e con destrezza scopre sempre nuovi indizi. Mentre cerca di ricostruire l'arzigogolato puzzle, un gangster coi suoi scagnozzi accusa Marlowe di essere il socio di Terry e di avergli rubato trecentocinquanta mila dollari. Tutto questo mistero verrà pian piano svelato lungo la pellicola.
Si può definire un noir a colori, prende spunto dai vecchi noir nel modo in cui presenta il protagonista Marlowe, intrepido, coraggioso e astuto ma lo aggiorna al nuovo modo di vedere la polizia, i gangster, lo rende anche meno fascinoso, meno don giovanni e più umano.
La regia di Altman è molto gradevole, l'uso della macchina da presa è preciso. In alcune scene il colore è “sciaquato” e vi è un uso interessante anche dei riflessi all'interno delle scene, dato dai vari specchi utilizzati. Le scene aderiscono in maniera insolita alla sceneggiatura, ma lo fanno in maniera magnifica. Lo strano modo di utilizzare lo zoom o le profondità di campo sono una costante nei suoi lavori. Affascinante la caratterizzazione di Roger Wade uno scrittore in crisi e alcolizzato, interpretato da Sterling Hayden. Ottimo anche il copione per Marlowe reso molto bene da Elliot Goulde. Unica pecca che mi permetto di notare è la colonna sonora, se non nelle prime battute (film omonimo alla canzone di John Williams), risulta un po' fiacca ma comunque sufficiente. Rispetto al resto della produzione di Altman, come i premiati M.A.S.H. O Nashville, in questo film i toni dissacranti e ironici, che sono una colonna portante della sua produzione, sono meno accentuati. Per finire ricordiamo che il film è tratto dall'omonimo libro di Chandler, da cui differisce però in momenti chiave come il finale.
Consigliato.

Voto 8/10

Il brutto


Scheda tecnica
Titolo:Il Lungo Addio
Titolo Originale:
The Long Goodbye
Regia:
Robert Altman
Soggetto:Raymond Chandler
Sceneggiatura:
Leigh Brackett
Anno:
1973
Genere:
Poliziesco, Noir, Thriller
Interpreti Principali:
Elliot Gould, Nina Van Pallandt, Sterling Hayden
Durata:
112 min
Nazionalità:
Stati Uniti
Colore:
Colore

Sugarland Express

Lou, una bella biondina tutto pepe va a trovare in carcere suo marito Clovis. Gli racconta che gli hanno portato via il bambino e che è stato dato in adozione ad una nuova famiglia. Lei non ha intenzione di stare con le mani in mano e chiede a Clovis se la segue per riprendersi il loro bambino. Ormai rimangono solo quattro mesi da scontare a Clovis, ma Lou lo convince e ha già preparato un piano da attuare immediatamente per farlo evadere. I due ce la fanno, riescono ad uscire e a farsi dare un passaggio da due anziani. Mentre sono in macchina un poliziotto li ferma, Lou e Clovis perdono la testa e scappano lasciando lì fuori i due signori anziani. Il poliziotto li insegue, ma ben presto giocando d'astuzia i due riescono a fregargli la pistola e a prenderlo come ostaggio per la fuga. Da qui in poi si svilupperà un lungo e rocambolesco inseguimento sugli splendidi scenari texani.
Uno Spielberg quasi agl'esordi mette sul piatto un film dai toni leggeri, con cui prende in giro alcuni stereotipi americani (vedi l'esorbitante dispiegamento di forze dell'ordine). Lo fa gradevolmente inserendo alcune scene divertenti, ma mai sopra le righe, che servono come condimento alla storia (bellissima la scena in cui il capo di polizia Tanner chiama tutti i poliziotti per ripartire con l'inseguimento e la macchina da presa inquadra una diecina di poliziotti che sono al bagno e si tirano su la lampo in fretta e furia). Il film è preso da una storia vera, ma chiaramente è solo una base su cui poi le vicende si dipanano. Non tutto è precisamente credibile e verosimile, ma il cinema è anche finzione e in questo caso si può benissimo soprassiedere ad alcune scene poco realistiche, per far si che si crei un atmosfera paradossale.
Queste strade polverose e queste ambientazioni ricordano un po' la mitica fuga di Kowalski in Punto Zero, ma qui i toni e il messaggio sono piuttosti diversi. Qui ci si prende un po' meno sul serio (almeno in apparenza), e tutti sono quasi sempre spensierati. La regia è buona ma soprattutto è la sceneggiatura a non avere sbavature, i dialoghi e il susseguirsi delle vicende sono ben mescolati in una ossatura robusta. Non a caso la sceneggiatura ha vinto al 27° festival di Cannes. Promossa a pieni voti Goldie Hawn nella parte di Lou, donna scoppiettante e perno del film.
Un buon film dal punto di vista tecnico, che però manca di carattere e di incisività (Spielberg è ancora ventisettenne, avrà tempo per sfornare capolavori), mancano le emozioni e il pathos, se non in rare occasioni sembra essere un esercizio di tecnica. Rimane comunque un film positivo, che denota le potenzialità di un giovane chiamato Steven Spielberg.

Voto: 6.5/10

Il brutto

Scheda tecnica
Titolo:The Sugarland Express
Regia:
Steven Spielberg
Soggetto:Steven Spielberg, Hal Barwood, Matthew Robbins
Sceneggiatura:
Hal Barwood, Matthew Robbins
Anno:
1974
Genere:
Poliziesco, Drammatico
Interpreti Principali:
Goldie Hawn, Michael Sacks, William Atherton
Durata:
110 min
Nazionalità:
Stati Uniti
Colore:
Colore

La Casa 2

Ash e la sua fidanzata arrivano in uno chalet solitario in mezzo ai boschi con l'intento di trovare un po' di tranquillità, ma a causa del Necronomicon, un libro maledetto che ha il potere di risvegliare i morti, il nostro eroe sarà costretto a lottare contro spiriti malvagi disposti a tutto pur di ucciderlo. Tutto questo accade nei primi dieci minuti di film, e non è altro che una specie di riassunto riveduto e corretto di quello che è accaduto nel primo episodio. Dopo averci ricordato cos'era successo in precedenza, la pellicola parte subito in quarta attaccandosi direttamente al finale de La Casa e trascinandoci con sé nei disperati tentativi di sopravvivenza del povero Ash. È proprio lui il perno della pellicola questa volta: lasciato alle spalle il gruppo di amici, Raimi si concentra solo sul personaggio interpretato da Bruce Campbell, e questa scelta risulta perfettamente riuscita. Sviluppando la sua personalità, che passa dalla paura iniziale, alla follia, per arrivare alla sbruffonaggine, il regista (ma il merito è anche della grandissima interpretazione di Campbell, fate caso in particolare a quando interagisce con la sua mano posseduta dal demone) dà la nascita ad uno dei personaggi più iconici del genere horror. La Casa 2 sviluppa i tratti ironici e l'umorismo nero del primo episodio, trovando il giusto equilibrio tra horror e commedia. Il tragicomico protagonista Ash viene malmenato in ogni modo possibile, si trova inzuppato di sostanze orribili e subisce cose inimmaginabili per tutta la durata della storia, fino a quando diventa un vero e proprio cacciatore di demoni, con tanto di motosega e fucile, in quella che è la sua tenuta più conosciuta. Gli effetti speciali sono un po' più curati rispetto a quelli de La Casa, grazie al budget maggiore, ma mantengono quello stile trash che caratterizza la saga, tra zombie gommosi e scheletri animati in stop-motion. Il finale anche questa volta è aperto e lascia con il fiato sospeso lo spettatore, che vorrà subito procurarsi il terzo film della serie per conoscere il destino del bistrattato Ash. La Casa 2 è probabilmente il miglior episodio della trilogia, grazie al già citato equilibrio tra tutti gli elementi e ad un protagonista che buca lo schermo come pochi altri.
VOTO: 8/10

Il Cattivo.


Scheda Tecnica
Titolo:
La Casa 2
Titolo Originale:
Evil Dead II: Dead By Dawn
Regia:
Sam Raimi
Soggetto:
Sam Raimi, Scott Spiegel
Sceneggiatura:
Sam Raimi, Scott Spiegel
Anno:
1987
Genere:
Commedia, Fantasy, Horror, Thriller
Interpreti Principali:
Bruce Campbell, Sarah Berry, Dan Hicks
Durata:
81 minuti
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Non Pensarci

Stefano è il chitarrista di un gruppo rock romano appartenente ad una famiglia benestante, dalla quale si è allontanato per seguire la sua passione per la musica. Tornato a casa dopo un concerto finito poco bene, scopre che la fidanzata lo tradisce e, senza fare troppo scenate, prende le sue cose e torna a Rimini, sua terra natale, dove manca da quattro anni. Contenti, genitori e fratelli, lo accolgono a braccia aperte ma dietro questa apparente tranquillità e prosperità si celano una serie di problemi che tutti confideranno a Stefano, facendolo sentire responsabile non solo della sua vita, ma anche di quella della sua famiglia.
Gianni Zanasi, regista di Non pensarci, è stato paragonato a Wes Anderson… e forse qualche somiglianza la troviamo nel tema della famiglia, in alcune carrellate in ralenti, ma la pellicola è italiana a tutti gli effetti e non vuole certamente scimmiottare qualcosa di oltreoceanico.
Una commedia che parla di crisi esistenziale, di bugie, di fallimento, ma anche della capacità di riprendersi. Forse la banalità della pellicola sta nel fatto di ripetere che “anche i ricchi piangono”; ma il prodotto è comunque molto piacevole; un film che non annoia, che passa delicato, fino ad un’emblematica scena finale.
Inutile elogiare le doti recitative di Valerio Mastandrea, che viene accompagnato, altrettanto magistralmente, tra alcuni tra i migliori attori presenti sul panorama italiano attuale come Giuseppe Battiston e Anita Caprioli.
La colonna sonora si alterna tra celebri brani di musica classica e pezzi rock contemporanei, meno conosciuti. Una pellicola, inoltre, che contiene qualche citazione cinematografica.
“Non stavamo meglio quando ci dicevamo le bugie, mamma?”

VOTO: 7/10

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
Non Pensarci
Regia:
Gianni Zanasi
Sceneggiatura:
Michele pellegrini, Gianni Zanasi
Anno:
2007
Genere:
Commedia, drammatico
Interpreti Principali:
Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Anita Caprioli, Caterina Murino, Teco Celio, Gisella Burinato
Durata:
105 min
Nazionalità:
Italia
Colore:
Colore

This Must Be the Place

Ho provato sabato ad andare al cinema per vedere questo film, ma arrivando quasi all'ultimo, ormai i biglietti erano finiti. Mi sono detto: strano, non pensavo che fosse un film così “mainstream”. Mi sono ripresentato ieri e mi sono goduto lo spettacolo. Il film è improntato sulla storia di Cheyenne una star dark-pop ormai da tanti anni fuori dallo showbiz. La sua vita di eccessi lo ha notevolmente debilitato fisicamente, ma la sua mente per quanto sembri assopita è a suo modo ricettiva. Cheyenne vive una vita nell'agiatezza con sua moglie, ma è avviluppato dalla noia e soprattutto dal rimorso e dal senso di colpa. Le sue vecchie canzoni hanno infatti portato al suicidio due ragazzi. L'unica sua occupazione è cercare di far fidanzare una una sua giovane amica (Mary) con un bravo ragazzo che lavora in una caffetteria. A spezzare questa monotonia sarà la morte del padre di Cheyenne, con cui lui non ha più rapporti da 30 anni. Ciò lo porterà in America alla ricerca di suo padre, del suo passato e anche di se stesso. Salta subito all'occhio la somiglianza fra Cheyenne e il leader dei Cure Robert Smith, ed anche la somiglianza con Ozzy Osbourne data dalla sua lentezza e il suo modo di fare fra le sfarzose mura di casa. Nell'incrocio di questi due personaggi, viene fuori un uomo annoiato, senza più uno scopo, che ha dentro un vuoto da colmare. Quando gli eventi lo faranno precipitare in America, troverà nella ripresa del lavoro abbandonato da suo padre, il mezzo per riscoprirsi e per crescere.
Sorrentino continua a fare un cinema evocativo attraverso gli ambienti (come ad esempio ne Il Divo), ma lascia da parte il mondo della corruzione dei loschi affari che hanno caratterizzato i suoi film. I pochi dialoghi, le voci deboli e i lunghi silenzi ricordano un po' il cinema nord-europeo, ma c'è una colonna sonora che entra direttamente nel film compenetrandosi in esso e nel suo significato, riempiendo così i vuoti che sono lo sfondo del film. Già il titolo ci fa presagire l'importanza della musica in questo film, esso infatti è un famoso pezzo dei Talking Heads. Il testo di questa canzone ci parla in qualche modo di Cheyenne, descrive ciò che sente, che prova, ciò che le immagine e i dialoghi non riescono ad esprimere. La colonna sonora quindi non entra “nell'azione” come accade nei musical (se non nel momento sublime dell'esibizione di David Byrne, genio dei Talking Heads), ma confluisce nell'architettura narrativa. Non mancano scene divertenti e commoventi, come quella del bambino che vuole cantare This must be the place insieme a Cheyenne; scena emblematica in mezzo al percorso del film.
La regia è un po' discontinua, talvolta lenta e che perde tematiche e sotto-trame lungo il cammino, inoltre ci sono scene che per alcuni potrebbero “essere inutili”. Questo tipo di regia però ha il merito di dare un volto diverso alla narrazione, focalizzandosi su tutto ciò che sta intorno ai fatti stessi, su ciò che sta dentro di noi e non sul creare una storia avvincente. Sean Penn, riesce ad esprimere perfettamente questo guazzabuglio con espressioni convincenti, senza far precipitare il personaggio nello stereotipo della star fallita. Nel complesso un film che inserisce la musica come elemento da assemblare all'ormai rodata capacità di Sorrentino nel ricreare ambientazioni; risulta a volte lento, ma stuzzica la nostra curiosità.

Voto: 7.5/10 

 Il brutto


Scheda Tecnica
Titolo:
This Must Be Place
Regia:
Paolo Sorrentino
Soggetto:
Paolo Sorrentino
Sceneggiatura:
Paolo Sorrentino, Umberto Contarello
Anno:
2011
Genere:
Drammatico
Interpreti principali:
Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson
Durata:
118 min
Nazionalità:
Italia, Francia, Irlanda
Colore:
Colore

Drive

Mh… strano questo Drive.
Un giovane, di cui non ci è dato di sapere il nome, lavora in un’officina e, in quanto ottimo pilota, arrotonda facendo lo stunt man nei film d’azione e, sempre in quanto ottimo pilota, arrotonda un altro po’ facendo da autista per le rapine di qualunque criminale si rivolga a lui. Gli si presenta l’occasione per una carriera da pilota automobilistico ma conosce una donna con figlio annesso, scatta qualcosa e lui, per aiutare il marito di lei in degli affari un po’ loschi, perde le sue prospettive rosee.
Un film che gioca molto sui silenzi, forse anche troppo: diciamo che lo sceneggiatore non s’è dovuto ammazzare, ecco. Una fotografia molto selettiva, che tende a tagliare il superfluo, ma comunque accattivante. Un film che resta sempre in sospeso, con una trama che sembra non decolli mai, quando poi si capisce che è già decollata. Il soggetto è tratto da un romanzo di James Sallis e la regia è di  Nicolas Winding Refn.
Drive è un mix di cose: c’è il drammatico, c’è il romantico, c’è un sacco di sangue, ci sono le corse in auto, ci sono i criminali. È chiaramente ambientato ai giorni nostri, ma sembra una storia degli anni ’80 (illusione fomentata dalla colonna sonora e dalla scelta “font+colore” dei titoli di testa).
È Ryan Gosling che interpreta il calmo e silenzioso “driver”; attore che non amo in modo particolare (e che collego immancabilmente alla figura del giovane Hercules) ma che non sembra totalmente fuori luogo in questo film. Anche la protagonista femminile, seppur talvolta evanescente, trovo che abbia un suo peso nella faccenda.
Le circostanze che trasformano il nostro pacatissimo personaggio in uno spietato e sanguinario assassino si susseguono in maniera lineare ma un po’ caotica, e c’è forse troppo sangue che sporca la pellicola. Drive è sostanzialmente un film d’azione/thriller, al quale si è voluto dare un tono più riflessivo e silente; aspetto che ha causato forti divergenze di giudizio. Personalmente trovo che sia un film di un certo livello che merita almeno una visione, dai meno impressionabili.

VOTO: 8/10

Il Buono


Scheda tecnica
Titolo:
Drive
Regia:
Nicolas Winding Refn
Soggetto:
James Sallis (romanzo)
Sceneggiatura:
Hossein Amini
Anno:
2011
Genere:
Azione, drammatico, thriller
Interpreti Principali:
Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Albert Brooks, Ron Perlman
Durata:
100 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

La Parola ai Giurati

America, seconda metà degli anni ’50. In una caldissima giornata estiva, dodici giurati chiusi in una stanza devono decidere se mandare sulla sedia elettrica un giovane accusato di aver ucciso suo padre. Sembrano tutti d’accordo sulla colpevolezza del ragazzo tranne uno, che inizierà a mostrare dei dubbi e tenterà di convincere gli altri dell’inconsistenza delle prove contro il giovane imputato.
La parola ai giurati è un film che in un’ora e mezzo affronta in maniera semplice, sintetica, ma assolutamente profonda, più temi contemporaneamente. In particolare il film evidenzia come sia facile prendere decisioni affrettate anche quando sono in gioco cose grosse; una vita umana, in questo caso. Da questo tema principale ne scaturiscono molti altri, alcuni che passano attraverso le esperienze dei singoli protagonisti, altri dall’interazione tra due o più di essi.
La particolarità della pellicola è quella di non avere musiche (se non all’inizio ed alla fine) ed essere girata quasi interamente nella stessa stanza; nonostante questo riesce a tenere alto l’interesse.
I dialoghi che s’intrecciano, la tensione che aumenta con il sudore, le opinioni che variano costantemente… tutti elementi che fanno di questo film un’opera di grande valore.
La sceneggiatura fu tratta dall’omonima serie TV del 1954 che ebbe un grande successo. La regia per la trasposizione cinematografica fu affidata ad Sidney Lumet. Grande uso di piani sequenza, di primissimi piani, carrellate; ogni movimento di macchina, ogni gioco di luci ed ombre valorizzate dal bianco e nero, serve a creare la giusta tensione tra il film e lo spettatore.
Altra peculiarità del film è che dei “dodici uomini arrabbiati” (questo il titolo in lingua originale) non si viene a sapere il nome, se non in casi eccezionali: questo per affermare chiaramente che ognuno di noi potrebbe trovarsi a dover decidere della vita di un uomo (ricordiamoci che negli Stati Uniti esiste il sistema della giuria popolare), tema confermato dalle profonde differenze tra i vari protagonisti.
Un film che fa riflettere parecchio su come sia difficile rimanere oggettivi, lucidi, o anche solo seri, di fronte alle decisioni che sta a noi prendere, ma che riguardano altri.

VOTO: 8,5/10

Il Buono

Scheda tecnica
Titolo:
La parola ai giurati
Titolo originale:
12 angry men
Regia:
Sidney Lumet
Soggetto:
Reginald Rose (serie TV)
Sceneggiatura:
Reginald Rose
Anno:
1957
Genere:
Drammatico
Interpreti Principali:
Henry Fonda, Lee j. Cobb, E.G. Marshall, Jack Warden, Joseph Sweeney, Ed Begley
Durata:
96 min
Nazionalità:
USA
Colore:
B/N

La Signora Omicidi

Il professor Marcus è un geniale criminale a capo di una variegata banda di malfattori, pronti a compiere la rapina del secolo. Al piano manca solo un ignaro complice, complice che verrà trovato nella signora Louisa Wilberforce, un'innocua vecchietta che cerca un inquilino a cui affittare una delle stanze della sua casa. Ma qualcosa andrà storto, e l'insistente vecchietta causerà più problemi di quanti il gruppo di ladri potesse immaginare. La signora omicidi (pessima traduzione del titolo originale, The ladykillers) è un classico della commedia inglese, conosciuto anche grazie al recente remake dei fratelli Coen, e che punta tutto sulla tipica comicità british. Perciò niente risate sguaiate, ma il divertimento c''è ugualmente, solo più pacato, con qualche punta di nonsense, da gustare seguendo la storia e chiedendosi come andrà a finire questa strana vicenda. Il ruolo del professore è dato ad un grande Alec Guinness (si, proprio Obi-Wan nella Trilogia Classica di Star Wars), che ne da un'interpretazione adattissima, viscida al punto giusto, mentre gli altri protagonisti forse sono meno tratteggiati ma svolgono bene il loro ruolo, grazie anche al personaggio della vecchietta, dolce ma fastidiosissima, attorno alla quale si dipana tutta la trama. Gli ambienti sono ben studiati per fare da contorno agli assurdi avvenimenti e appena avrete finito di vedere il film vi sembrerà di essere stati davvero nella sbilenca casa della signora Wilberforce o sul fumoso pontile sopra la ferrovia. La signora omicidi è quindi un film divertente e ben fatto, ricco di umorismo nero e per molti versi diverso dal più recente remake. Non saprei dire quale dei due è il migliore (forse il remake è più elaborato, mentre l'originale è meno macchinoso e più lineare), ma penso che entrambi meritino almeno una visione.

VOTO: 7,5/10

Il Cattivo.

Scheda tecnica
Titolo:
La Signora Omicidi
Titolo Originale:
The Ladykillers
Regia:
Alexander Mackendrick
Soggetto:
William Rose
Sceneggiatura:
William Rose
Anno:
1955
Genere:
Commedia
Interpreti principali:
Alec Guinness, Peter Sellers, Cecil Parker, Katie Johnson
Durata:
97 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Ladykillers


Un raffinato professore di lingue antiche si presenta alla porta di un'anziana donna di colore, Marva Munson, per affittare la stanza da letto che lei mette a disposizione. In realtà il professore è un ladro che, con l'aiuto di un eterogenea banda di criminali da lui assoldati, progetta di rapinare il vicino casinò passando per la cantina della casa della vecchietta. Dopo l'anomalo Prima ti sposo, poi ti rovino i Coen tornano su un territorio a loro più congeniale, e per farlo scomodano nientepopodimeno che un classico della commedia inglese: Ladykillers infatti è il remake de La signora omicidi, film del 1955 interpretato da due grandi attori britannici come Alec Guinnes e Peter Sellers. I Coen non volendo essere da meno ingaggiarono Tom Hanks, che qui tratteggia un perfetto ladro gentiluomo dal linguaggio ricercato, un personaggio intelligente che però si ritroverà ostacolato da un'anziana e all'apparenza inoffensiva signora. Il punto di forza di Ladykillers sono i personaggi, tutti particolari e fortemente caratterizzati, tanto da risultare quasi delle macchiette, delle maschere della società contemporanea: a partire dalla signora religiosa e vecchio stampo che non capisce nulla di quello che le succede attorno, passando per il furbo intellettuale che si fa buggerare per la sua mancanza di senso pratico, il tecnico (di esplosivi in questo caso) che causa più danni che altro, il giovane sbruffone e così via. Nonostante ciò si nota facilmente come i Coen non si siano dati particolarmente da fare per dare voce ad una satira o ad una critica sociale particolare (che non sia la loro classica crociata contro la stupidità intrinseca dimostrata spesso dall'essere umano), o per trasmettere un messaggio profondo, Ladykillers è infatti un film fatto per divertire, ricco di umorismo (nero, i Coen non si smentiscono ovviamente) e studiato alla perfezione, con un cast ben assortito, musiche accattivanti, tra soul e gospel, e un'estetica retrò bella da vedere e adatta a fare da cornice alla storia raccontata. Ladykillers non è da accantonare solo perché meno impegnativo delle solite pellicole del duo, ma anzi è da apprezzare per le camaleontiche capacità dei Coen di adattarsi e sfornare anche prodotti più leggeri rimanendo sempre fedeli al proprio stile.

VOTO: 7,5/10

Il Cattivo.


Scheda tecnica
Titolo:
Ladykillers
Titolo Originale:
The Ladykillers
Regia:
Joel Coen, Ethan Coen
Soggetto:
William Rose
Sceneggiatura:
Joel Coen, Ethan Coen
Anno:
2003
Genere:
Commedia
Interpreti principali:
Tom Hanks, Irma P. Hall, Marlon Wayans, J.K. Simmons
Durata:
104 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

127 Ore

Aron Ralston, coraggioso e spericolato escursionista, rimane accidentalmente bloccato all’interno di una crepa nel Blue John Canyon dello Utah, a causa di un braccio incastrato tra un masso ed una parete rocciosa. Rimarrà in questo buco per ben cinque giorni, razionando cibo e acqua e provando ogni sistema possibile per liberarsi e per sopravvivere, finchè, ormai prossimo alla morte, non sarà costretto a prendere una scelta drastica.
127 ore è l’adattamento cinematografico di una storia vera, avvenuta nell’aprile del 2003. Danny Boyle, colpito dal coraggio di quest’uomo, ha deciso di mettere su pellicola il suo racconto autobiografico sull’esperienza. Lo stile del regista inglese è inconfondibile; spinto al massimo, come al solito: le inquadrature, i movimenti di camera e i tagli sembrano portare la sua firma; il tutto coadiuvato da una splendida fotografia che sa sfruttare al meglio i paesaggi desertici del canyon, diviso nei colori caldi della terra e il limpido azzurro del cielo. Stavolta però, Boyle si mantiene più pulito, a differenza di certe su pellicole un po’ più “grunge”. Il regista regge bene sia il confronto con ampie distese che con spazi angusti, rendendo palpabili le sensazioni del protagonista.
James Franco, unico attore protagonista del film, offre un’ottima performance in un ruolo sicuramente molto difficile; aiutato solo raramente da altri personaggi, che si palesano nelle sue visioni o nei suoi ricordi, Franco regge un’ora e mezzo di film in modo irreprensibile; sembra uno di quei casi in cui non era possibile scegliere un altro attore.
Per informazione, nel finale c’è una scena particolarmente forte e cruda che potrebbe dare problemi a chi è più debole di stomaco; basti pensare che alla prima mondiale ci sono stati svenimenti tra il pubblico.
Un film sul destino, sull’egoismo, sulla responsabilità e sulla solitudine; un film sulle lezioni che la natura ha dato ad un uomo e che vogliono essere condivise.

VOTO: 7,5/10

Il Buono


Scheda tecnica:
Titolo:
127 ore
Titolo originale:
127 Hours
Regia:
Danny Boyle
Soggetto:
Aron Ralston (autobiografia)
Sceneggiatura:
Danny Boyle, Simon Beaufoy
Anno:
2010
Genere:
Avventura, drammatico
Interpreti Principali:
James Franco, Kate Mara, Amber Tamblyn, Clémence Poésy
Durata:
94 min
Nazionalità:
USA, Regno Unito
Colore:
colore

Super 8


Per chi come me ha resistito fino all'ultima puntata dell'innovativa, quanto talvolta delirante, serie tv Lost, non poteva lasciar passare inosservato il nuovo film del suo creatore J.J. Abrams. Protagonisti di questa storia sono dei ragazzini, accomunati dall'idea di girare un film horror/splatter da presentare ad un festival cinematografico locale. Per rendere la pellicola di maggiore impatto, i ragazzi una notte scappano di casa e si dirigono verso una stazione abbandonata, maggiormente suggestiva per l'effetto che volevano ricreare. Mentre stanno girando però, avviene uno schianto incredibile, un pick up si fracassa volontariamente contro un treno in corsa, facendolo deragliare e causando un'immensa catastrofe. I ragazzini incredibilmente rimangono incolumi e la loro telecamera nonostante si sia ammaccata e non si possa aggiustare, ha girato tutto lo schianto nella pellicola super 8, da cui prende il proprio nome il film. Ciò che filmeranno sarà molto misterioso, e dopo pochi istanti dallo schianto l'air force prenderà in consegna il caso tenendo segreto alla popolazione residente, cosa trasportava il treno. Da qui in poi avverrano strane sparizioni nel paese e il vice sceriffo (nonché padre di uno dei ragazzini) si avventurerà nella ricerca della verità, scoprendo cose sconcertanti. 
La storia è ben costruita, non ci si annoia e la tensione cresce col progredire degli eventi. Abrams riprende dei temi a lui cari come quello del disastro come punto di partenza (vedi Lost). La storia ricorda molto anche Stand by Me di Reiner e marginalmente anche E.T. L'extraterrestre di Spielberg (quest'ultimo produttore del film). Ma è la complessità del film a renderlo particolarmente interessante, ci sono generi diversi che si intrecciano come la fantascienza, il thriller, il drammatico; diverse trame una dentro l'altra e si affrontano diversi temi: l'amicizia, l'amore, la famiglia, la paura. In tutto questo guazzabuglio però Abramas mantiene magistralmente le fila della storia, creando un opera di tutto rispetto. Unica pecca è che tende a riprendere troppo i film del passato, facendone un collage (comunque notevole). Cosa che accade ad esempio, per film di stile completamente diverso, in alcune pellicole di Tarantino. Per quanto riguarda gl'attori i ragazzi sono fenomenali, specialmente Elle Fanning (sorella di Dakota Fanning). Fra gli adulti alcuni volti sono rubati alle serie (Kyle Chandler a Ultime dal cielo, David Gallagher a Settimo cielo) ma comunque sono tutti adatti alla parte assegnata.
Un film riuscito che ci porta indietro nel tempo ma che si caratterizza, per gli effetti e i personaggi, ad un cinema più standardizzato, tipico dei nostri tempi.

Voto : 7.5/10
Il brutto
Scheda Tecnica
Titolo:
Super 8
Regia:
J.J. Abrams
Soggetto:
J.J. Abrams
Sceneggiatura:
J.J Abrams
Anno:
2011
Genere:
Fantascienza, Thriller
Interpreti Principali:
Joel Courtney, Elle Fanning, Kyle Chandler
Durata:
112 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Lanterna Verde

Abin Sur, un alieno facente parte del corpo di guardiani spaziali noto come Lanterne Verdi precipita sulla Terra dopo uno scontro con il terribile Parallax. Trovandosi in punto di morte l'extraterrestre sceglie un suo successore tra i terrestri, e il prescelto è Hal Jordan, un pilota collaudatore sbruffone e sprezzante del pericolo. Ricevuto l'anello che convoglia il potere della volontà, Hal diventa così la prima Lanterna Verde umana, trovandosi a combattere contro i pregiudizi degli altri guardiani che non lo ritengono degno e soprattutto contro il nemico più grande, la paura. Nuovo (ennesimo?) film supereroistico, Lanterna Verde è un tentativo della DC Comics di far conoscere al grande pubblico un personaggio che non raggiunge certamente in fama altri supereroi come Superman e Batman. Il film infatti spiega molto bene le origini di Lanterna Verde, infarcendole di buone scene d'azione (il merito di queste forse va più alla libertà creativa data dai poteri del protagonista, dato che ha un anello che può materializzare qualunque suo pensiero). La pellicola però non decolla mai, risultando un po' troppo lenta e in certi punti inconcludente, tra dialoghi e battute che sanno di vecchio. È questo il problema principale di Lanterna Verde, che si trova ad essere un film uscito fuori tempo massimo; mi spiego: dopo la decostruzione che ha subito negli ultimi anni la figura del supereroe (cinematograficamente parlando ad esempio con Watchmen, Kick-Ass o Il Cavaliere Oscuro), non funziona più un eroe che, già di per sé superiore alla gente comune, riceve anche poteri che lo rendono ancora migliore, anzi risulta quasi antipatico, prendendosi troppo sul serio. Le poche battute che dovrebbero ironizzare sul protagonista non fanno praticamente mai ridere, e si finisce per provare quasi pietà per il povero antagonista che non ha fatto niente di male per meritare quello che gli succede. Un personaggio come questo Hal Jordan e una storia raccontata in questo modo potevano funzionare anni fa, ma oggi danno proprio l'impressione di qualcosa di già visto e rivisto. Date le carenze (non sono proprio carenze, ma non saprei come altro definirle) fondamentali nella storia e nei personaggi, non bastano elementi ben fatti come le già citate scene d'azione o i bei costumi e il trucco degli alieni a rendere Lanterna Verde un film sufficiente. Fosse stato almeno un po' più ritmato avrei potuto dargli mezzo punto in più.
VOTO: 5/10

Il Cattivo.

Scheda Tecnica
Titolo:
Lanterna Verde
Titolo originale:
Green Lantern
Regia:
Martin Campbell
Soggetto:
Martin Nodell, Bill Finger (Fumetto)
Sceneggiatura:
Greg Berlanti, Michael Green, Marc Guggenheim, Michael Goldenberg
Anno:
2011
Genere:
Supereroi, fantascienza, azione
Interpreti Principali:
Ryan Reynolds, Blake Lively, Mark Strong
Durata:
114 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Mission: Impossible

Ethan Hunt è un agente segreto della CIA che, in seguito ad una missione finita male, viene accusato di essere una talpa che trasmette informazioni all’esterno. Ethan si rende conto di essere stato incastrato e dovrà scoprire chi è la vera talpa.
Mission: Impossible ha ormai qualche annetto, ma resta uno dei film sicuramente più celebri nella storia del cinema. Un prodotto ben fatto, per la regia di Brian De Palma; un mix di spionaggio, thriller ed azione che non annoia neanche un secondo.
Un film che colleziona una serie di scene memorabili come quella del protagonista sospeso a pochi centimetri da un pavimento che non può sfiorare o l’esplosione dell’elicottero all’interno della galleria ferroviaria.
La pellicola è ben girata, una fotografia curata e una regia attenta danno come risultato un prodotto di fattura più che discreta; anche la trama è ben intrecciata e tiene alta l'attenzione.
Gli attori sono tutti all’altezza; forse non tutti ben caratterizzati, ma in questo tipo di film, forse, non ce n’è neanche un gran bisogno. Ovviamente il principe del film è Tom Cruise, protagonista di tutta la pellicola e ottimo attore.
Tratto dall’omonima serie TV, andata in onda alla fine degli anni ’60; con la sua celeberrima colonna sonora in 5/4, Mission: Impossible è uno di quei film che restano impressi, da vedere assolutamente almeno una volta.

VOTO: 7,5/10

Il Buono

Scheda tecnica
Titolo:
Mission: Impossible
Regia:
Brian De Palma
Soggetto:
Bruce Geller (Serie TV), David Koepp, Steven Zaillian
Sceneggiatura:
David Koepp, Steven Zaillian
Anno:
1996
Genere:
Thriller, azione
Interpreti Principali:
Tom Cruise, Jon Voight, Emmanuelle Béart, Jean Reno, Ving Rhames
Durata:
110 min
Nazionalità:
USA
Colore:
colore

Captain America - Il Primo Vendicatore

Anche se siamo ufficialmente in ferie, è nostra norma recensire comunque film che sono attualmente nelle sale, ed ecco uno di quelli.


Siamo nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale, e Steve Rogers è un giovane americano che desidera ardentemente entrare nell'esercito per servire il suo paese. Dopo vari rifiuti causati dal suo fisico gracile e dalla sua debolezza, viene notato dal dottor Abraham Erskine che vede in lui il coraggio e la bontà che stava cercando per creare il primo supersoldato americano. Una volta sperimentato su Steve il siero di sua invenzione, il dottore viene ucciso da una spia dell'HYDRA, la divisione di ricerca tecnologica finanziata da Hitler e guidata da Johann Schmidt, alias il Teschio Rosso, la prima persona su cui Erskine aveva testato la sua formula ancora incompleta. Su Steve l'esperimento è un completo successo, donandogli forza, resistenza e agilità sovrumane, e trasformandolo così in Capitan America, la nuova arma americana contro i nazisti. Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale (a parte qualche minuto all'inizio e alla fine) Captain America - Il Primo Vendicatore è proprio per questo un film atipico nella ormai enorme lista di prodotti cinematografici dedicati ai supereroi, ricordando e addirittura citando esplicitamente vecchie pellicola d'azione alla Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta. La prima metà del film è solida, divertente e appassiona lo spettatore, seguendo la nascita di Cap, facendoci capire quali sono le sue motivazioni, ma senza perdersi in eccessive spiegazioni psicologiche: è buono e coraggioso, biondo, con gli occhi azzurri e incarna l'ideale americano, tanto basta. Una delle sequenze migliori è quella che ci mostra il periodo in cui il protagonista è costretto a partecipare a ridicoli spettacoli di propaganda che gli permettono di diventare un mito per gli americani (con tanto di fumetti e film su di lui), ed è una parte che rende il tutto ancora più credibile e ben fatto. Purtroppo la seconda metà del film è meno consistente, inserendo qua e là sequenze o elementi che minano un po' la credibilità della storia, tra soldati comuni che compiono le stesse prodezze che compie Capitan America e l'eroe che si infiltra in un campo nazista senza che nessuno si renda conto che c'è un estraneo che cammina tranquillamente all'interno della struttura. Ingenuità a parte, che forse sono volute per dare alla storia un sapore un po' retro, e sorvolando su qualche bruttura evitabile in fase di montaggio, Captain America - Il Primo Vendicatore risulta comunque un'opera avventurosa e abbastanza ritmata, con quasi tutti buoni attori (Tommy Lee Jones non fa praticamente niente ma buca sempre lo schermo) e una trama che anche se sa di già visto riesce a coinvolgere lo spettatore. Non dimenticatevi della scena dopo i titoli di coda, questa volta è da vedere assolutamente.

VOTO: 7/10

P.S. Gli costava tanto tradurre Captain America in Capitan America? È fastidioso sentire che lo chiamano così!

Il Cattivo.

Scheda Tecnica
Titolo:
Captain America - Il Primo Vendicatore
Titolo originale:
Captain America: The First Avenger
Regia:
Joe Johnston
Soggetto:
Joe Simon, Jack Kirby (Fumetto)
Sceneggiatura:
Christopher Markus, Stephen McFeely
Anno:
2011
Genere:
Azione, guerra, fantascienza, supereroi
Interpreti Principali:
Chris Evans, Hugo Weaving, Hayley Atwell, Tommy Lee Jones, Stanley Tucci
Durata:
124 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore

Ferie d'estate

Gentili lettrici, gentili lettori, il netto calo di produzione recensiva di quest'ultimo mese è dovuto senza dubbio all'arrivo della calda stagione; i vostri tre paladini del grande schermo si fermeranno del tutto per il mese di agosto e torneranno a settembre con nuove recensioni, un nuovo quiz e... boh, penso basta!
Buone vacanze a tutti!

Il Buono (e basta!:D)

Bianca

Michele Apicella è un uomo solo, ossessionato dalla perfezione e dalla pulizia. Trasferitosi in una nuova casa, si mette ad osservare meticolosamente i suoi dirimpettai, in particolare una coppia giovane spesso presa dalle discussioni. Michele è un uomo solo, ha paura dei rapporti, o meglio, ha paura di soffrire alla fine di un rapporto. Per questo sta male quando sono i rapporti dei suoi amici a finire, e cerca in tutti i modi di evitare questo. Come se non bastasse, la nuova scuola dove è stato chiamato ad insegnare matematica (quale altra materia, altrimenti?) è una struttura assurda e grottesca, a partire dal nome dell’istituto, dedicato a Marylin Monroe. La vita del protagonista si alternerà tra Bianca, una donna di cui si sente innamorato ma con la quale ha paura di intraprendere una relazione, e una serie di misteriosi omicidi, le cui vittime sono proprio i suoi amici e di cui non si conosce il colpevole.
Bianca, quarto lungometraggio di Nanni Moretti, è forse il “miglior” film del regista romano; quantomeno è il più completo della prima serie. A differenza dei film precedenti, questo ha una trama più lineare (in Ecce bombo la trama non c’era proprio) ma mantiene comunque il carattere tipico dei film del regista, comprese quelle scene drammaticamente comiche che dividono il mondo in quelli che amano Nanni Moretti e in quelli che lo odiano. Inoltre la piega giallistica lo rende un film interessante e non noioso, come possono talvolta risultare le pellicole precedenti.
Le nevrosi e le paure del protagonista vengono spiegate tutte nelle ultime scene: il comportamento bizzarro di Michele trova così una sua logica, una sua collocazione, per certi versi condivisibile.
Regia e fotografia non sono lasciate al caso, la sceneggiatura – scritta da Moretti, con la collaborazione di Sandro Petraglia – combina bene dialoghi e battute, alcune rimaste nella storia, come la celebre frase “Vabè, continuiamo così… facciamoci del male!”. Senza parlare di scene altrettanto memorabili come quella dell’enorme vaso di Nutella da cui Michele attinge in un momento di profonda crisi.
Gli attori sono più o meno sempre i soliti dell’universo morettiano: Laura Morante, Dario Cantarelli, il padre dello stesso regista, a cui vengono affidate sempre piccole parti ed ovviamente Moretti stesso, nei panni del protagonista.
Non voglio certo obbligare nessuno a guardarsi tutta la filmografia di Nanni Moretti, ma, almeno per cultura generale, ritengo che questo film sia da vedere almeno una volta.

VOTO: 8/10

Il Buono
Scheda tecnica
Titolo:
Bianca
Regia:
Nanni Moretti
Sceneggiatura:
Nanni Moretti, Sandro Petraglia
Anno:
1984
Genere:
Commedia, drammatico, thriller
Interpreti Principali:
Nanni Moretti, Laura Morante, Dario Cantarelli, Roberto Vezzosi
Durata:
96 min
Nazionalità:
Italia
Colore:
colore

Harry Potter e i Doni della Morte: Parte II

Dopo essere fuggiti dalle grinfie dei Mangiamorte a villa Malfoy, Harry, Ron e Hermione decidono di penetrare nella Gringott, la banca dei maghi, per trovare uno degli Horcrux che custodisce una parte dell'anima di Voldemort. Ogni Horcrux distrutto porterà Harry un passo più vicino allo scontro finale con il signore oscuro. Siamo arrivati alla fine. Con Harry Potter e i Doni della Morte: Parte II si chiude una saga che, nel bene e nel male, ha segnato l'industria cinematografica e ci ha accompagnati per molti anni. Ci si aspetta quindi un finale epico e coinvolgente, che risolva tutte le storie lasciate aperte e che ci lasci soddisfatti. Bè, potete pure continuare ad aspettare, visto che questa pellicola non ha nessuna di quella caratteristiche. A onor del vero tre quarti del film sono abbastanza ritmati grazie ai combattimenti e alle varie scene d'azione conservate tutte per questa pellicola, ma quando si arriva alla conclusione tutto crolla. La forte tensione psicologica che dovrebbe essersi creata tra Harry e Voldemort non si sente minimamente, e il duello finale si risolve in un ennesimo scontro d'azione, assurdo (Voi-Sapete-Chi è il mago oscuro più potente di tutti i tempi e Potter gli tiene testa tranquillamente?) e allungato all'inverosimile, intervallato ad un altro scontro inutilmente lungo, come se non ci fosse abbastanza azione in questa pellicola. I dubbi rimangono, gli intrecci non vengono dipanati e tutto finisce con un calo di ritmo che sfocia nella delusione (anche il libro finisce quasi in sordina, ma dopo aver concluso tutto chiaramente, in modo convincente e in linea con la storia), con poco spazio per i personaggi e le psicologie ben sviluppate nei romanzi. Qualche punto a favore c'è, soprattutto gli attori convincenti, Alan Rickman alias Piton su tutti, che nonostante il poco tempo a disposizione crea un personaggio che non verrà dimenticato facilmente. Anche gli effetti speciali e le scenografie non sono male, anche se forse risultano un po' più insipidi del solito. I miei dubbi riguardo al regista David Yates si confermano quindi, dimostrando che non era adatto a prendere in mano un progetto ambizioso come la saga del maghetto: i suoi film, anonimi e commerciali, si lasciano guardare ma mancano di un elemento fondamentale per una storia del genere, la magia.
VOTO: 6/10

Il Cattivo.

Scheda Tecnica
Titolo:
Harry Potter e i Doni della Morte: Parte II
Titolo originale:
Harry Potter and the Deathly Hollows: Part II
Regia:
David Yates
Soggetto:
J.K. Rowling (Romanzo)
Sceneggiatura:
Steve Kloves
Anno:
2011
Genere:
Fantastico, azione
Interpreti Principali:
Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Ralph Finnies, Alan Rickman
Durata:
130 min
Nazionalità:
Regno Unito/USA
Colore:
Colore

Colpo Grosso al Drago Rosso - Rush Hour 2

Dopo la conclusione del caso Juntao, gli agenti Lee e Carter hanno deciso di prendersi una meritata vacanza ad Hong Kong. Quando però un ordigno esplosivo uccide due poliziotti americani all'interno della loro ambasciata, Lee decide di indagare, sospettando il coinvolgimento di Ricky Tan, uno dei capi della mafia cinese. Per ripetere il successo di un film basta ripeterne la formula, questo devono aver pensato i produttori di Colpo Grosso al Drago Rosso. Questo secondo capitolo infatti ha praticamente la stessa trama del primo, con un'indagine iniziata quasi per caso, i continui battibecchi tra i due protagonisti e scazzottate ed esplosioni qua e là. Effettivamente il film funziona, risultando anche migliore, grazie forse ad una più ragionata unione degli ingredienti: Carter sembra quasi simpatico, i combattimenti e le azioni di Lee sono coreografati in modo migliore, con tanto di interazione con l'ambiente e gli oggetti, dimostrando ancora le immense capacità di Jackie Chan, il cattivo è un po' più carismatico (poco, eh) e c'è anche l'inserimento di un paio di figure femminili (comunque di poco conto). Niente di sconvolgente, ma un buon film d'azione, adatto per passare un paio d'ore spensierate. Jackie Chan come al solito spicca su tutti, migliorando il risultato finale.
VOTO: 6,5/10

Il Cattivo.

Scheda Tecnica
Titolo:
Colpo Grosso al Drago Rosso - Rush Hour 2
Titolo originale:
Rush Hour 2
Regia:
Brett Ratner
Soggetto:
Ross LaManna
Sceneggiatura:
Jeff Nathanson
Anno:
2001
Genere:
Commedia d'azione
Interpreti Principali:
Jackie Chan, Chris Tucker, John Lone, Zhang Ziyi
Durata:
90 min
Nazionalità:
USA
Colore:
Colore